Storia singolare di un anello cardinalizio
Storiella di un anello che di primo acchito rievocherebbe una certa atmosfera da favola.
Invece, come spesso accade, dopo averla letta si rimane con un profondo senso di amarezza per il venir meno di quel qualcosa che era sembrato portatore di un respiro di leggerezza, tanto più sospirato in questi tempi così complicati.
La notizia curiosa, che ruota intorno ad un anello cardinalizio, giunge dall’Olanda e ciò la dice lunga sull’informazione di casa nostra, per cui non vale la pena farla ancora più lunga con osservazioni del tutto ininfluenti…
È stata portata alla luce dal quotidiano “Nederlands Dagblad”, che nel sottotitolo della testata ne evidenzia l’“impegno cristiano”.
Peccato, però, che il pezzo di cronaca non sia la versione moderna di una fiaba vagamente riecheggiante quella di Cenerentola!
L’anello in questione, destinato ai porporati, è stato consegnato a nome del papa in forma strettamente riservata, ai primi di settembre, dal cardinale sudcoreano Lazzaro You Heung, Prefetto del Dicastero per il Clero, al vescovo belga mons. Luc Van Looy, nominato ma non creato cardinale durante il concistoro del 27 agosto scorso, dietro sua stessa rinuncia. Decisione questa dettata dal malcontento che l’annuncio di tale nomina aveva suscitato in Belgio, con critiche all’indirizzo dello stesso pontefice, per le accuse di coperture di abusi durante il ministero del presule, delle quali il diretto interessato e l’episcopato belga avevano riconosciuto la propria parte di responsabilità.
Quest’ultima – in ordine di tempo – “nuova”, di sicuro non più sorprendente delle tantissime altre che fanno da cornice al papato in atto, relativa ad un fatto dall’aria del tutto innocente, è stata segnalata ieri, 29 ottobre, dal sito para vaticano “Il Sismografo”. Essa si inserisce nel “dominio” ecclesiastico e disvela ad un’attenta lettura un’ambivalenza che aggrava struggimento e disagio, alimentando ulteriori dubbi e sospetti che rendono sempre più difficile il superamento dello stato di confusione e sconcerto, prevalentemente sottaciuto, e ignorato ogni volta che organi di stampa ne danno notizia per casi e cause di varia natura.
Sulla vicenda è mancato un pronunciamento ufficiale da fonti vaticane.
Sul “dono” ricevuto, il vescovo Van Looy – interpellato dal giornale olandese alla ricerca del suo esatto significato – ha tagliato corto: «È un qualcosa tra me e il Papa», invocando il silenzio mediatico. A questa sua dichiarazione ha fatto eco la precisazione aggiuntiva del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dott. Matteo Bruni: «Mi sembra più un gesto personale del Papa che un evento di rilevanza ecclesiastica», con il chiarimento cautelativo… d’obbligo: «Ma questa non è una risposta ufficiale»…
Di “ufficiale” resta la foto del papa che bacia, a favore di teleobiettivi, quell’anello al dito di mons. Van Looy, presente l’8 ottobre scorso all’ udienza riservata ai pellegrini giunti a Roma per la canonizzazione (avvenuta il giorno successivo) dell’infermiere religioso argentino, membro della Congregazione dei Salesiani di don Bosco, Artemide Zatti.
Foto pubblicata poi ad illustrazione di una notizia non ufficializzata, mostrando in tal modo il non divulgato, a differenza del tanto altro offerto dal ricchissimo repertorio messo a disposizione degli organi di stampa, in nome – va da sé (?) – della sbandierata “trasparenza”. Insomma: il doppio binario su cui corrono e si rincorrono comunicazione e informazione, in questo particolare momento della vita della Chiesa.
Tralasciando l’aspetto personale e sentimentale che prevale in questa decisione papale, come in altre ben più rilevanti, a me hanno fatto un certo effetto le parole del vescovo: «È un qualcosa tra me e il Papa. Non ho ricevuto questo anello pubblicamente e quindi non dovrebbe essere annunciato pubblicamente».
Una “cosa” loro? Può darsi.
Ma: detta così, mi mette addosso un certo brivido… che non rientra fra quelli cantati con successo al Festival di Sanremo, a inizio febbraio scorso.
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Maria Michela Petti
30 ottobre 2022