La vera umiltà. E quel che umiltà non è

21 Ottobre 2024 0 Di EH(?)

L’umiltà non è un costume per una sfilata di moda. Né un biglietto da visita personalizzato con diritto di accesso al club esclusivo dei migliori, che non è esattamente quello degli invasati dalla frenesia di visibilità e dalla mania di protagonismo nella società delle apparenze.

L’umiltà non si adorna di troppe e belle parole. Ricercate con ogni escamotage per autopromuoversi e adoperandosi maniacalmente per una pubblicità indotta.

Il Vangelo della Messa di oggi (domenica 20 ottobre 2024), tratto da Marco 10, richiama il tratto essenziale dell’essere umile: il farsi servo degli altri (42-45), seguendo l’esempio di Cristo, venuto non per farsi servire, “ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.

Come ci viene spesso e volentieri ricordato, omettendo – e sorvolando sugli scivoloni in contraddizione – l’osservazione introduttiva a tale monito. Di perenne attualità.

“Voi sapete – è la puntualizzazione di Gesù ai discepoli – che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”.

Ammonimento che è a un tempo elogio dell’umiltà.

San Bernardo di Chiaravalle, nei Sermoni sul Cantico dei Cantici, sottolinea: «… bramare la lode che proviene dall’umiltà, non è la virtù dell’umiltà, ma il rovescio. Il vero umile vuol essere reputato vile, non stimato umile. Gode del disprezzo di sé, veramente superbo solo in questo, che disprezza le lodi». (XVI, 10)

È proprio a questo monaco cistercense, teologo di chiara fama fin dal tardo Medioevo – scelto, anche per la sua devozione a Maria, quale guida per l’ultimo tratto del viaggio attraverso l’Empireo – che Dante fa recitare la Preghiera di intercessione alla Vergine, “umile e alta più che creatura”, affinché gli ottenga la suprema beatitudine della visione di Dio e dopo, con la Sua materna protezione, conservi intatti i suoi sentimenti umani vivificati da tale visione.

E San Francesco, incontrato nel Paradiso dantesco (Canto XI), che ricevette da Cristo “l’ultimo sigillo” – le Stimmate, il 17 settembre del 1224; evento commemorato con particolari celebrazioni quest’anno nell’VIII centenario – “ch’el meritò nel suo farsi pusillo”: umile (111), nelle “Laudi a Dio Altissimo” inserì la lode “Tu sei umiltà”. A esaltazione del dono del Figlio fattosi uomo per la salvezza dell’umanità. Ben consapevole che tale affermazione non sarebbe risultata per nulla offensiva della dignità del Signore, al Quale rivolse la preghiera che si conserva nella Basilica a Lui dedicata ad Assisi e composta a La Verna, dove aveva ricevuto le Stimmate.

Nella Lettera a tutto l’Ordine (FF 221) il Santo rinnova la lode: «O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!». Con la raccomandazione ai frati: «Guardate, fratelli, I’ umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati».

Che è un rimarcare: il farsi servi degli altri del Vangelo della Messa di oggi e l’evangelico: “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”, ripetuto due volte da Matteo (19,30 e 20.16).

E, nella Regola Non Bollata (1221), al Capitolo XVII – lì dove tra l’altro esorta «… Tutti i frati, tuttavia, predichino con le opere… [46] San Francesco ribadisce il comportamento da tenere nello spirito della virtù dell’umiltà.

«Per cui scongiuro, nella carità che è Dio, tutti i miei frati occupati nella predicazione, nell’orazione, nel lavoro, sia chierici che laici, che cerchino di umiliarsi in tutte le cose, di non gloriarsi, né godere tra sé, né esaltarsi dentro di sé delle buone parole e delle opere anzi di nessun bene che Dio dice, o fa o opera talora in loro e per mezzo di loro, secondo quello che dice il Signore: “Non rallegratevi però in questo, perché vi stanno soggetti gli spiriti”».[47]

Maria Michela Petti
20 ottobre 2024