La sovranità illimitata del Papa. “Re per mandato divino”…(???)
Il nodo del potere assoluto detenuto dal papa, spesso dibattuto durante l’attuale pontificato perché marcatamente connotato nell’aspetto illimitato, viene stretto nel Preambolo della nuova Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, emanata il 13 maggio scorso e in vigore da oggi, 7 giugno 2023, con il sorprendente complemento della sua derivazione divina… (???)
“Fatale” la data odierna per Sandro Magister, autore di un post pubblicato il 31 maggio 2023, sul blog “Settimo Cielo” (in: “L’Espresso”), intitolato: “Francesco re per mandato divino. Con un commento critico di Pietro De Marco”, presentato quale “affermato studioso della vita della Chiesa, già docente di sociologia della religione all’Università di Firenze e alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale”.
Il titolo dell’articolo è completato dalla precisazione: “Ciò che prima di lui nessun Papa aveva osato dire”. E decidere. Nello “stile Bergoglio”. Ben noto a chi ha osservato con attenzione il suo modo di governare la Chiesa e lo Stato di cui è sovrano. E a chi, disgraziatamente, è incappato nella rete del suo decisionismo, che stando ad una certa scuola di pensiero sarebbe sic et simpliciter coperto da “infallibilità”, con l’obbligo derivante della totale obbedienza.
Ora, dunque, è scritto nero su bianco, a firma del regnante, nel detto Preambolo.
È stato sancito quello che solo chi ha mantenuto l’occhio limpido ha già potuto leggere nei fatti del decennio bergogliano da poco celebrato. Sul quale la narrazione agiografica ha steso un velo che, con l’esame di un dato concreto, Magister ha squarciato, inserendosi fra i pochissimi altri colleghi, analisti attenti della nuova Costituzione vaticana, da me segnalati ai post del 13 e del 22 maggio scorsi, dedicati a questa Legge.
Legge che – fa notare Magister – «fin dalle sue primissime righe ha segnato una svolta spericolata e senza precedenti nella storia e nella concezione del papato».
È nella seguente asserzione papale: “Chiamato ad esercitare in forza del ‘munus petrino’ poteri sovrani anche sullo Stato della Città del Vaticano…” – della quale evidenzia quel “in forza del ‘munus petrino’ – che il vaticanista scorge «la novità inaudita. Cioè nel far derivare anche i poteri temporali del papa dal suo servizio primaziale alla Chiesa come successore dell’apostolo Pietro. O in altre parole: nell’ammantare di diritto divino non solo il supremo governo spirituale della Chiesa ma anche il governo temporale, sempre da parte del papa, dello Stato della Città del Vaticano».
Ritorno ufficiale ad un passato consegnato ai libri di storia, che di tanto in tanto ha fatto capolino fra le pieghe della personalità di qualche successore dell’apostolo cui Cristo – il Quale ebbe a precisare che il Suo non è un regno di questa terra – affidò il preciso mandato: «ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,32)?
Mandato che, stando alla dottrina della Chiesa cattolica, «non ha nulla a che fare con alcun potere temporale», ribadisce Magister sintetizzando con efficacia la storia dello Stato della Città del Vaticano, in coabitazione ben delineata con la Santa Sede. E che è stato sempre tenuto al riparo da spinte scomposte.
Fino all’ufficializzazione di segno diverso messa in atto oggi da Francesco che, tra l’altro, a partire dal 2020 – come risulta dall’Annuario Pontificio di questo anno – ha derubricato a “Titoli storici”, primo fra tutti quello di “Vicario di Cristo”, quelli che fino ad allora erano stati propri dei Papi. Senza mai essere stati in precedenza avvertiti come “onorificenze” da rifiutare, in segno di affettata umiltà.
Un dubbio si affaccia spesso nella mia mente, tendente a forzare l’anticipazione di una risposta che, debitamente, non potrà che venire in futuro: sarà (stata) «vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza»…
Maria Michela Petti
07 giugno 2023