INVOCAZIONI. PERCHÉ?

24 Gennaio 2021 0 Di EH(?)

«Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». (Mt 6, 5-6)

A quest’ imperativo del Vangelo di Matteo (6, 5-6) è corso immediatamente il mio pensiero leggendo la preghiera conclusiva del Messaggio, pubblicato alla vigilia della 55.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, in calendario per domani – 24 gennaio – giorno in cui la Chiesa fa memoria di San Francesco di Sales, Patrono degli scrittori cattolici.

Messaggio che, fin dal titolo incentrato sull’invito di Giovanni «Vieni e vedi» (1,46) illustrato con la direttiva aggiuntiva: «Comunicare incontrando le persone dove e come sono» riecheggia il dettato del Codice deontologico dei giornalisti sul rispetto della dignità della persona – innanzitutto – e della veridicità dei fatti riferiti nell’esercizio della propria professione.

Titolo che rispecchia l’ordine morale di Anna Politkovskaja, impegnata nella difesa dei diritti umani e assassinata nel 2006: «L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede».

Ed eccole le invocazioni stilate dal papa, che mi hanno suscitato un dubbio. Sono riservate esclusivamente ai momenti di preghiera degli operatori dell’informazione? O questa preghiera personale rivela qualche impulso inconscio?

Eh, sì! Perché per me pregare risponde ad un bisogno dell’animo, prima che all’esigenza di una richiesta di aiuto per necessità della vita reale.

«Signore – invoca Bergoglio – insegnaci a uscire da noi stessi e a incamminarci alla ricerca della verità. Insegnaci: ad andare e vedere, ad ascoltare, a non coltivare pregiudizi, a non trarre conclusioni affrettate. Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare, a prenderci il tempo per capire… a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.

Donaci – conclude – l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto».

Prima di tutto ciò, io chiederei al Signore di accendere una luce nella mente di chi, per cause inconfessate, inconfessabili e ingiustificabili, ha rinunciato ad incamminarsi “alla ricerca della verità” ed ha emesso una sentenza di condanna, ancora non formalizzata a distanza di quasi quattro anni dal giorno di una decisione arbitraria e sommaria. Mi sembra che questo arco temporale sia piuttosto smisurato per chi fosse stato veramente interessato a “capire” e a “distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità”.

L’opportunità per intraprendere una ricerca svincolata da ragioni pretestuose sarebbe (è) offerta – se non altro – da un rapido viaggio in Rete, fra un impegno e l’altro, in un periodo in cui ancora sono sospesi i viaggi in giro per il mondo. Basterebbe leggere la cronaca di quei giorni e i racconti che hanno disseppellito il “caso Hasler” nel corso degli ultimi nove mesi, per avere una vaga idea delle devastanti conseguenze di quella condanna senza appello.

Ah, le insidie del Web! Oggetto di riflessione proprio nel Messaggio dedicato alla Giornata che ci si accinge a celebrare domani.
«… sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi… Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti». Appunto: sia quando si lasciano filtrare notizie non supportate da motivazioni e prove inoppugnabili, sia “quando si ricevono contenuti” da fonti anonime e/o non verificate…

«Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti – sottolinea il papa – siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere».

Già! Retorica o fatti? Questo il dilemma…

Maria Michela Petti
23 gennaio 2021