Imparare dal porcospino. Sì; ma che fatica!
«La solitudine è indipendenza: l’avevo desiderata e me l’ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri».
(Hermann Hesse)
Una grande conquista! Eh, sì; per aver vinto la battaglia nel conflitto interiore fra sentimenti e bisogni
sul terreno scivoloso della convivenza umana con tutti i suoi risvolti e di una vita da libro di sogni.
Quando, e non per la prima volta, inaspettatamente ci si scopre avvolti dall’opacità di volti mascherati,
si stenta a credere di essere caduti nell’inganno di rapporti intessuti di falsità; altro non si è che sfiduciati.
Che fare? Chiudersi a riccio per evitare fraintendimenti, se non si è corazzati contro le ambiguità,
non prima di essersi spesi in chiarimenti nell’illusione di troncare ogni equivocità?
Al riparo di qualche crepa rintracciata per caso nei dintorni e meditare di scappare lontano da tutti
al calar della notte, per non farsi trattenere né seguire. Per dimenticare delusioni e momenti brutti.
Placata la sete con la rugiada notturna, un profondo respiro prima di proiettarsi con la mente al confine
dove brillano gli astri nel silenzio ovattato fra la realtà dell’io confuso e lo spazio etereo, senza tossine.
Irraggiungibile, se non nel sogno, quel mondo proibito anche ad acrobati del salto in alto.
Con l’animo tormentato dall’incertezza e il cuore dai brividi della solitudine ci si sveglia di soprassalto.
Scomparsa nel buio pesto la volta celeste. Tremando per il freddo nel pulviscolo della polvere di stelle,
come piccole fiammiferaie provando ad attivare il calore interno strofinando sulla propria pelle
i cerini in dote. Fra diffidenza e paura illudendosi di aver imparato a trovare la giusta distanza
nei rapporti umani, complice lo stravolgimento delle abitudini alla vicinanza di nuova osservanza.
Come su un’altalena: il cuore in alto colmo di speranza pensando di colmare il vuoto fuori e dentro di noi
magari spaziando nel mondo internettiano, sentendosi al sicuro nel proprio ambiente, e invece: no! Poi
giù di nuovo, per non lasciarsi ferire da aculei incontrollabili. Difficile riconoscere le fattezze virtuali
e le insidie della vita in una bolla fuori dagli schemi e dalle consuete relazioni sociali.
Il freddo si fa sentire e fa battere i denti. Ma sordo è il rumore e ancora più sordo il dolore.
Non come il verso stridulo del porcospino solitario raggiunto da suoi pari. Si sta ancora col batticuore.
Difficile risolvere il dilemma: concedersi un tentativo di avvicinamento con la prudenza maturata,
puntando sulla capacità di raggiungere un punto di equilibrio, o ripiegare sulla solitudine conquistata?
Ancor più estenuante tentare il salto nel vuoto senza dispositivi di protezione come gli aculei.
Se almeno lingua e stomaco fossero coperti da un mantello di peli! Quanti, meno inutili, sforzi erculei…
Maria Michela Petti
14 luglio 2021