Il sogno di una talpa

6 Dicembre 2020 0 Di EH(?)

Una talpa un po’ strana, stanca della vita nel rifugio di fortuna dove era finita scavando scavando nel suo milieu, si ritrovò un giorno a parlare fra sé e sé.

Nel nascondiglio protetto aveva passato il tempo a contatto con esseri della sua stessa specie solo in apparenza. Questi avevano occhi schermati, per modo di dire, da paraocchi naturali e tenevano le antenne dell’udito ben rizzate per difendersi dai pericoli provenienti dall’esterno.

Se anche avessero voluto partecipare ai giochi di parola della vicina approdata per caso nel loro ambiente, non avrebbero potuto rispondere per quel difetto congenito che impedisce loro di emettere un qualsiasi suono vocale.

Il silenzio per le talpe nate tali è il fondamento della loro stessa sopravvivenza.

L’intrusa, venuta dal mondo dei riflettori sempre accesi sulle persone che contano, delle voci che cantano in cori gettonati e disinvolti nel coprire le note stonate, incominciò quindi a sentirsi a disagio in quella compagnia ad essa estranea e a non sopportare più di restare al buio e di non riuscire ad attirare l’attenzione sui suoi racconti.

E iniziò a riflettere su come uscire allo scoperto e riciclarsi come personcina perbene fra quelli della sua vera specie: gli umani.

Piano, piano – pensò – ritornerò sui miei passi e, appena fuori di qui, mi libererò di questa pelliccetta scura che non esalta le mie fattezze e mi comprerò un paio di scarpe comode per girare il mondo.
Poi mi farò cucire un abito alla moda, su disegno di uno stilista di grido.
Chi mai si ricorderà più di quel che ho detto e fatto nella vita di prima del mio esilio? Si chiedeva.
E riprenderò a frequentare i salotti dell’alta società.
Mi farò apprezzare per la mia capacità di saper raccontare quel che interessa far conoscere, di sapere quando e dove nascondermi per non tradire i miei compagnucci e di rispettare fedelmente la legge del silenzio, quella di utilità comune alla ristretta cerchia di conoscenti.
E poi… e poi …

Dopo aver riguadagnato il mio posto al sole, vivrò delle fortune che mi sarò assicurate grazie alla mia bravura di vestire i panni di un uomo capace di resistere al vento che spazza via chi non è capace di non cadere nella rete di tranelli ed inganni, riuscendo anche a salvare la faccia.

•••

Così: dopo aver trascorso gli ultimi giorni fantasticando sulla nuova vita futura, mentre si allontanava a piccoli passi – per non dare nell’occhio – dalle compagne di quell’avventura nel sottosuolo, sbucò sulla superficie.

Ma: non aveva messo in conto un particolare non di poco conto. I suoi occhi, ormai disadattati alla luce naturale, non ressero all’impatto e ne rimasero accecati.

E il suo sogno restò sepolto nel regno delle talpe, quelle vere, che accortesi di essersi liberate di quella presenza che – per un certo periodo – aveva occupato abusivamente il loro spazio, avevano già intrapreso la pulizia del posto dai peli caduti dalla pelliccia di quell’ospite che non le faceva certo sentire onorate di aver fatto la sua conoscenza, per essersi spacciato per una di loro.

Con un termine tristemente ricorrente di questi tempi, si direbbe che: avevano subito iniziato la sanificazione del loro habitat.

Maria Michela Petti
06 dicembre 2020