Giornata Mondiale della Pace che non c’è
Di efficacia innegabile, a mio avviso, l’aforisma che ho scelto per introdurre una considerazione spicciola sul tema della pace, alla portata del senso comune a tutti noi mortali.
Se è vero, come è vero, che l’essere in pace con sé stessi è condizione fondamentale per una pacifica convivenza umana, l’armonia del cuore è l’espressione di quel sano equilibrio fra pensieri ed emozioni che si traduce in coerenza di comportamento.
Per cui: non basta parlare di pace per farla regnare nel mondo, come per magia, senza dare concretezza alle parole, superando ogni velleità di protagonismo e sminando l’orticello privato da conflitti più o meno latenti e da interessi particolari.
«Un’avvertenza sarà da ricordare», ammonì tra l’altro Paolo VI nel Messaggio per la prima Giornata Mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio 1968, lanciando “l’idea” di dedicare “a pensieri e propositi di pace” il primo giorno di ogni anno civile a seguire, non «per cedere ad una facile abitudine, ovvero per servirCi di argomento di pura attualità», e raccomandando tuttavia di lasciare inalterato il “culto della divina maternità di Maria ed al nome beatissimo di Gesù”, come fissato dal calendario liturgico.
Esplicita l’“avvertenza”: «La pace non può essere basata su una falsa retorica di parole, bene accette perché rispondenti alle profonde e genuine aspirazioni degli uomini, ma che possono anche servire, ed hanno purtroppo a volte servito, a nascondere il vuoto di vero spirito e di reali intenzioni di pace, se non addirittura a coprire sentimenti ed azioni di sopraffazioni o interessi di parte».
Evitando, dunque – deduco – di strumentalizzare pure quest’appuntamento annuale con l’insistenza nel portare avanti “battaglie” di bandiera per “campagne” di progresso sociale, di interesse generale sì (come negarlo?), ma che troverebbero più facile soluzione in un contesto globale nel quale dovrebbe primeggiare l’auspicata pace conseguita quale finalità basilare.
«Che sia la pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire».
È l’auspicio che ispirò la proposta di Papa Montini di replicare la celebrazione di questa Giornata, “come augurio e come promessa”, a inizio di ogni nuovo anno, nella consapevolezza della delicatezza di questo bene primario per l’umanità, che necessita di protezione costante dai pericoli che lo minacciano, e strettamente dipendente dalla corresponsabilità di ciascun membro della collettività nei suoi confronti.
Quand’anche si raggiungesse (finalmente!) l’obiettivo che sta a cuore a tutti, persino – come la Storia ci ricorda – a prezzo di vite umane sacrificate, non è impresa facile mantenere in equilibrio stabile, per di più “giusto e benefico”, una condizione di vita pacifica inevitabilmente esposta a variabili esogene.
Trascorsi ormai 55 anni da quella prima Giornata Mondiale della Pace – al tempo preoccupava la guerra in atto nel Vietnam – i focolai bellici originati in vari punti del Pianeta, ultimo in ordine di tempo quello sul fronte russo-ucraino, dimostrano in tutta evidenza che tuttora l’alba di pace non è spuntata a seguito di tante Giornate ad essa dedicate, e men che meno grazie a fiumi di parole che su di essa si sono riversate e continuano ad essere riversate per effetto di urgenze oggettive.
La pace, ricordava Paolo VI, è fondata su “un nuovo spirito”, verso cui convogliare tutti gli sforzi possibili e immaginari per favorire quella «nuova mentalità circa l’uomo ed i suoi doveri e i suoi destini». La realtà odierna dei fatti conferma quanto sottolineato dal Papa nel suo Messaggio per la prima Giornata Mondiale della Pace. Cioè: quanto sia ancora lungo e necessario il cammino «per rendere universale ed operante questa mentalità», per sviluppare quella «nuova pedagogia [che] deve educare le nuove generazioni al reciproco rispetto delle Nazioni, alla fratellanza dei Popoli, alla collaborazione delle genti fra loro, anche in vista del loro progresso e sviluppo».
Eccola dichiarata la conditio sine qua non per puntellare la convivenza fra i popoli atta a garantire un futuro di benessere e progresso, che non lasci indietro nessuno e che non segni la sconfitta di tutti e di ciascuno per non essere riusciti a vincere le proprie debolezze, che deteriorano i rapporti interpersonali, a partire da quelli con il prossimo più vicino e per aver tradito essenzialmente il più grande comandamento: quello dell’amore. Quello che porta la pace nei e dei cuori, permettendo di trasmetterla agli altri nella vita quotidiana e di scongiurare l’insorgere di piccoli e grandi conflitti nelle relazioni ad ogni livello, spuntando armi letali di vario genere.
Il non riuscire in quest’intento consiste la reale sconfitta di ogni vivente e delle comunità di appartenenza, relativamente alla massa di sconfitti di tal fatta, lasciando alla grande Storia il giudizio sugli sconfitti da operazioni belliche: caduti nei combattimenti e responsabili di vario ordine e grado per decisioni irrazionali, causa di svariate e gravi conseguenze per tutti gli altri, vittime incolpevoli di disastri generati da altrui volontà.
Allertando «contro le insidie di un pacifismo tattico, che narcotizza l’avversario da abbattere, o disarma negli spiriti il senso della giustizia, del dovere e del sacrificio», Papa Montini sollecitò inoltre insistentemente a adoperarsi per suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni venture il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore», rifacendosi alla “Pacem in terris” di Giovanni XXIII.
E, a proposito di verità e giustizia: quante volte abbiamo sentito ripetere da autorevoli esponenti del mondo ecclesiale, culturale e politico che non c’è pace senza giustizia, e non c’è giustizia senza verità?
Senza sottacere le intemerate a ritmo ossessivo lanciate dal pontefice regnante, Bergoglio, sul “chiacchiericcio” e le “parole che uccidono”.
Rimproveri generici? O dettati da fatti e circostanze su cui magari non si è fatta e si continua a non fare piena luce, pur essendo magari a conoscenza delle fonti e dei divulgatori di quelle parole – cui si è dato credito – che hanno colpito a morte vittime indifese?
Impegnarsi fattivamente, non solo verbalmente, nella costruzione di un mondo dove la pace regni sovrana implica anche sanare i danni incredibili causati da piani diabolici orchestrati in casa propria.
La mancata testimonianza inficia la credibilità della predicazione.
«Dai loro frutti li riconoscerete». (Mt 7,16)
«Chi dà retta alle chiacchiere non avrà più pace nemmeno in casa sua…
La spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada». (Sir 28-16,18)
Particolarmente in questa Giornata, dedicata alla riflessione e alla preghiera per la pace nel mondo, il desiderio che si fa augurio è che fra le intercessioni che si eleveranno al Signore sia data preferenza alla richiesta che introduce la “Preghiera semplice” attribuita a San Francesco: «fa’ di me uno strumento della tua pace». Perché è di costruttori e di operatori di pace che il mondo ha bisogno, per realizzare il progetto di pace annunciato dagli Angeli nel Natale di Betlemme.
Auguro di cuore per l’Anno nuovo, appena iniziato, serenità e abbondanza di grazie divine, specialmente agli amici e a chi fra i nostri conoscenti è nella sofferenza per motivi vari.
Maria Michela Petti
01 gennaio 2023