Tutti ladri. Nessun ladro

29 April 2023 0 By EH(?)

«Qui dentro rubano tutti!». Tranquillizziamoci, anzi: rallegriamoci, noi italiani. Per una volta tanto la sommaria accusa, fruibile in streaming sulla piattaforma Disney+, non riguarda gli abitanti del Bel Paese, destinatari di una simile invettiva, troppo spesso per riflesso condizionato e da giudici rampanti di ogni parte del Globo terrestre, per le vie brevi della comunicazione pubblica.

Il “qui dentro” si riferisce al Vaticano. E a pronunciare la pesante dichiarazione, che in altri tempi – non bugiardi come quelli che stiamo vivendo – avrebbe destato sconcerto e sollecitato dovuti chiarimenti, è stato il papa in persona, nel corso di un colloquio con un gruppo di giovani di lingua spagnola, di età compresa tra i 20 e i 25 anni, trasferito in un documentario incentrato sul rapporto del pontefice con i nativi digitali e sulle sue risposte agli interrogativi che essi si pongono e sottopongono all’attenzione degli adulti.

Il lungometraggio, della durata di 83 minuti in linea con quella (non inferiore all’ora e mezza) delle interviste rilasciate a ritmo incessante, è stato registrato a giugno 2022 in un ambiente localizzato nel quartiere Pigneto di Roma e disponibile su Disney+ dal 5 aprile scorso.

La dichiarazione in oggetto è parte della risposta alla prima delle domande su varie questioni, fra le più controverse e di attualità scottante, sulle quali Bergoglio ha espresso la sua opinione personale con parole in libertà, come d’abitudine nelle occasioni non strettamente “protocollari”.

Gli è stato chiesto – ha riferito don Felipe Herrera-Espaliat, redattore di Vatican News, in un articolo di presentazione del documentario “Amén. Francisco responde”, pubblicato su “L’Osservatore Romano” contestualmente al lancio della pellicola – “se prende uno stipendio per il suo lavoro e il Papa non esita a rispondere”.

«No, non mi pagano! E quando ho bisogno di soldi per comprarmi le scarpe o qualcos’altro, vado e chiedo. Non ho uno stipendio, ma questo non mi preoccupa, perché so che mi danno da mangiare gratis».

Poi – ha aggiunto il sacerdote dipendente del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede – il papa “racconta ai giovani che il suo stile di vita è abbastanza semplice, «come quello di un impiegato medio» e che per una spesa più grande preferisce non gravare sulla Santa Sede, ma chiedere aiuto ad altri.

Con una certa dose d’ironia, spiega ai giovani che quando vede che un’organizzazione sociale ha bisogno di aiuto economico, è lui stesso a incoraggiarla a chiedergli risorse, perché lui sa bene dove trovarle e a chi rivolgersi”.

Segue poi il graffio di Bergoglio, riportato nell’articolo per il quotidiano del Vaticano, che chiude la risposta al quesito iniziale della conversazione.

«Tu chiedi, dico loro, che tanto qui dentro rubano tutti! Perciò so dove si può rubare e ti mando i soldi. Con questo voglio dire che quando vedo che bisogna aiutare qualcuno, allora sì che vado e chiedo all’incaricato degli aiuti».

Nelle parole in cui il sacerdote-giornalista intravede “una certa dose d’ironia”, io non leggo altro che la facile soluzione, in chiave machiavellica, per problemi che gli stanno a cuore. Secondo il copione arcinoto del decisionismo e dell’arbitrarietà, ad usum delphini…

Ne prendo atto. E chiudo con l’acclamazione dettata dal titolo del documentario: “Amen!”.

Poiché, oltre il clamore e lo scandalo suscitati da operazioni cui è rimasta appiccicata l’etichetta di “opacità”, oggetto di un interminabile processo dentro e fuori l’Aula di un Tribunale, non sono balzate in cronaca (a quel che mi risulta) altre notizie riguardanti furti plurimi e ruberia varia, commessi in solitaria e/o in concorso, né avvii di procedimenti disciplinari secondo la normativa vigente, mi chiedo se sia stato riscritto il settimo comandamento: “Non rubare”, come la rivelazione sensazionale del papa lascerebbe intendere.

Dalla “Sintesi” del Catechismo della Chiesa Cattolica, relativa a tale comando, stralcio i punti che mi favoriscono la connessione immediata al “caso Hasler”, di cui questa recente affermazione rende ancor più insostenibile l’inconsistenza paradossale, basata sul nulla di parole vuote.

Il mio riferimento non è casuale, rientrando nel reato di “furto” – come una semplice riflessione dovrebbe suggerire – anche la colpevole sottrazione di un bene primario della persona, di ogni persona, attraverso ogni forma di offesa alla sua dignità personale e alla sua reputazione, con l’aggravante di averlo condannato senza ritegno alla gogna mediatica e alle conseguenze che tale scriteriato comportamento ha comportato. Peccato, questo, contemplato dal categorico divieto formulato con l’ottavo comandamento: “Non dire falsa testimonianza”.

Promemoria:

(2450) «Non rubare» (Dt 5,19). «Né ladri, né avari, […] né rapaci erediteranno il regno di Dio» (1 Cor 6,10).

(2451) Il settimo comandamento prescrive la pratica della giustizia e della carità nella gestione dei beni terreni e dei frutti del lavoro umano.

(2454) Ogni modo di prendere ed usare ingiustamente i beni altrui è contrario al settimo comandamento. L’ingiustizia commessa esige riparazione. La giustizia commutativa esige la restituzione di ciò che si è rubato.

(2455) La legge morale proibisce gli atti che, a scopi mercantili o totalitari, provocano l’asservimento di esseri umani, il loro acquisto, la loro vendita, il loro scambio, come se fossero merci.

(2458) La Chiesa dà un giudizio in materia economica e sociale quando i diritti fondamentali della persona o la salvezza delle anime lo esigono. Essa si interessa del bene comune temporale degli uomini in funzione del suo ordinamento al Bene supremo, ultimo nostro fine.

(2460) Il valore primario del lavoro riguarda l’uomo stesso, il quale ne è l’autore e il destinatario. Mediante il lavoro, l’uomo partecipa all’opera della creazione. Compiuto in unione con Cristo, il lavoro può essere redentivo.

(2461) Il vero sviluppo è quello dell’uomo nella sua integralità. Si tratta di far crescere la capacità di ogni persona a rispondere alla propria vocazione, quindi alla chiamata di Dio.

Il mancato interessamento da parte degli operatori dell’informazione, con e senza elmetto, a quest’ultimo coinvolgimento del pontefice regnante in una nuova forma di esperimento comunicativo, mi incuriosisce non poco. E mi farebbe enormemente piacere poter soddisfare la curiosità circa il gradimento registrato fra gli utenti della piattaforma streaming.

Perché l’attenzione di uno sparuto numero di giornalisti del panorama italiano si è concentrata su “criticità” rilevate nelle risposte del papa, riproponenti il copione ormai noto, e inerenti tematiche di: psico-sessuologia, morale sessuale, accoglienza in seno alla Chiesa (con la ricorrente stoccata ai “rigidi” e a generici ipocriti moralisti, in tale veste in quanto incapaci, a suo dire, di confrontarsi innanzitutto con le proprie colpe e chiedere quindi perdono), ecc. Secondo l’esternazione del pontefice in quella giornata, tali “critici” sarebbero ascritti alla categoria di testimoni fedeli alla “catechesi della Chiesa sul sesso ancora in fasce”?

Segnalo, infine, l’ancor più modesto rilievo riservato alla risposta data da Bergoglio alla domanda che aprì la conversazione e che ha catturato, invece e per i motivi esposti, il mio interesse. Due soli i riscontri alla mia puntigliosa ricerca in proposito e qui indirizzo a quello che è l’istantanea del concentrato: https://www.aldomariavalli.it/2023/04/08/tanto-qui-dentro-rubano-tutti-parola-di-francesco/

Una domanda sorge spontanea: perché la scelta dell’autocensura? Per meri interessi di bassa lega o per maturata convinzione dell’inutilità di accendere i riflettori su una consuetudine che ha appena ricevuto il “Nihil obstat” papale con tutti i crismi della tecnologia moderna?

Per quel che mi riguarda: non ho difficoltà ad ammettere di aver avuto bisogno di un bel po’ di giorni per iniziare a metabolizzare la non piacevole lettura e per evitare soprattutto ineleganti rigurgiti verbali, estranei al mio stile comportamentale nei rapporti sociali e nella scrittura, per dote innata e per di più sottoposta ad allenamento quotidiano pluridecennale nella dura palestra della vita vissuta.

Niente di eroico; tengo tuttavia a precisare. E, ad essere sincera fino in fondo: nei miei soliloqui mi lascio andare ad una partitura di tutt’altro tono.

Costi quel che costi: non mi sottrarrò – come vorrebbe facessi una persona, “amica” doc, sinceramente interessata al mio bene – ad eventuali future letture del genere di questa presa in considerazione e che, non lo nego, mi ha causato un malessere tutt’altro che leggero.

Non posso e non voglio ignorare la realtà, qualunque essa sia, che soltanto attraverso la sua conoscenza mi permetterà di vivere in pace con i miei pensieri, fugando ogni sospetto di valutazioni basate sul retaggio delle tristissime vicende di un passato, il cui ricordo e le ferite resteranno per sempre incisi sulla nostra pelle.

Così come: nei tempi e nei modi da me ritenuti più appropriati, non rinuncerò a denunciare ambiguità e contraddizioni, secondo lo schema e il programma prefissati e fino ad ora rigorosamente rispettati.

Con il supporto determinante di chi, senza fini meschini, rispondendo alla propria coscienza, con onestà intellettuale e morale, collabora alla nostra ricerca di verità e giustizia, mettendo al servizio di questa “causa” il proprio bagaglio di esperienza e metodi professionali nella gestione del sito dedicato. Per quest’impegno costante nel tempo il nostro “grazie!” è del tutto insignificante e non possiamo far altro che invocare la degna ricompensa da Chi conosce il tutto fin nelle pieghe più recondite delle storie personali di ciascuno di noi.

Maria Michela Petti
27 aprile 2023