RISPETTO VO’ CERCANDO, CH’È SÌ CARO
Cuique defensio tribuenda.
Tradotto per chi non mastica un po’ di latino, ma che – sono certa – ne avrà già afferrato il senso: A tutti deve essere concesso il diritto di difendersi.
Così Tacito. Ann. 13,20.
Tale premessa lascia facilmente intuire dove andrò a parare.
A volte mi tornano alla mente massime, citazioni e norme che difficilmente riesco ad allontanare come una mosca che ronza insistente e disturba una lettura, una riflessione, una ricerca.
E: ricercando una via di uscita dal labirinto di contraddizioni eclatanti finisco col ritrovarmi sempre stretto fra le mani quel filo logico che mi restituisce la conferma di qualcosa che altro non è se non la negazione di ogni logica. Solo e soltanto: insensatezza.
Il brocardo che torna e ritorna nella mia testa come l’onda del mare che nessuno può fermare, pur datato, mi porta ad una considerazione. Cambiano i tempi, le mode e le usanze, cambiano gli attori sulla scena del mondo, ma in fondo l’animo umano nasconde in sé – immutati – germi del male che impongono di disciplinare con norme giuridiche ben precise la convivenza civile a garanzia della pace sociale, per scongiurare gli effetti devastanti dello strisciante predominio della legge della giungla. Fino al rischio estremo demonizzato da Cesare Beccaria con l’inquietante verdetto: «Il mezzo sicuro di assolvere i robusti scellerati è di condannare i deboli innocenti».
La massima, citata all’ inizio, del magistrato e storiografo latino, vissuto nella seconda metà del primo secolo dopo Cristo, che decreta l’inviolabilità del diritto alla difesa di ogni uomo davanti alla legge ha trovato piena aderenza nella Costituzione italiana. L’ Art. 24, Al TITOLO I – RAPPORTI CIVILI, stabilisce:
«Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento».
Quell’ “in ogni stato” – da me sottolineato – mi suona tanto più insopportabilmente beffardo, per il diniego ripetutamente denunciato all’istruzione di un regolare “procedimento”.
Forse non tutti conoscono la Costituzione italiana e qualcuno, per una qualche ragione, arriva persino a ritenersi esente dall’obbligo di rispettarla in ogni parte…Bah!!!
Fin qui ho seguito il filo logico del diritto inalienabile a potersi difendere, e nelle sedi opportune, in quest’excursus che fa apparire quasi un sogno, certamente un optional, la legalità dei precetti sanciti.
Già: perché non va dimenticato il paradosso di una “condanna sulla parola”, non solo senza prova delle accuse che hanno portato all’allontanamento dal posto di lavoro, ma anche – va ribadito – senza nemmeno una lettera di licenziamento.
Una “cacciata” nel vero senso della parola che fa sospirare il “Verrà un giorno…” dell’avvertimento di Fra Cristoforo all’indirizzo di don Rodrigo, nel Cap. VI de “I promessi sposi”. E mi piace rileggere la scena descritta dal Manzoni, in cui il coraggioso frate, per nulla intimidito, dà sfogo all’ indignazione trattenuta fino all’oscena offerta di protezione per Lucia avanzata dal signorotto. “Postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati”, eccolo pronunciare l’ammonimento con l’autorevolezza conferitagli dal suo ministero:
«Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone era indurito quanto il vostro [3]; e Dio ha saputo spezzarlo. Lucia è sicura da voi: ve lo dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno…».
È forte la tentazione di concludere con una chiosa alquanto affilata. Me ne astengo per non sciupare la genuina autenticità del messaggio erga omnes, e rivolto soprattutto – checché se ne dica – ai tanti don Rodrigo che dacché mondo è mondo vi si aggirano sotto mentite spoglie.
In conclusione, mi permetto ricordare che: il rispetto non è una teoria, è una pratica.
Maria Michela Petti