Responsabilità nella libertà di informazione
Per combattere il “virus della cattiva informazione”, dalle conseguenze nefaste per la dignità e la stessa esistenza di soggetti troppo spesso irresponsabilmente condannati alla gogna mediatica – non esclusa la reiterazione del killeraggio attraverso gli strumenti multipli oggi a disposizione – il prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, non ha trovato di meglio che rilanciare l’appello di lapalissiana evidenza al senso di responsabilità nella condivisione di notizie.
Lo ha fatto attraverso i microfoni della Radio Vaticana, ieri, in occasione della Giornata mondiale della libertà di informazione fissata dal 1993 al 3 maggio dall’ Assemblea generale delle Nazioni Unite per celebrare quella che è ritenuta – a ragione – un “pilastro della democrazia”.
«Usiamo tutti gli strumenti che abbiamo, specialmente il potente strumento dei media, per costruire e rafforzare il bene comune» è il tweet che il papa ha dedicato al tema del giorno.
L’ultimo Rapporto di Reporter senza frontiere ravvisa nel giornalismo l’antidoto al virus della “infodemia”, cioè la: circolazione – secondo il dizionario Treccani – di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.
Ruffini, riconoscendo che nella condivisione di informazioni «spesso non ci prendiamo la briga di controllare e con ciò siamo portatori “sani” forse di un virus diverso da quello del Covid che è il virus della cattiva informazione», e mettendo in guardia dai rischi che corre la libertà di stampa nel caso di deleghe rimesse a un «“controllore occhiuto” della verità o della falsità delle notizie», ha richiamato il concetto della correlazione fra libertà e responsabilità sostenuto dal teologo Bonhoeffer.
Appunto: responsabilità nella libertà della comunicazione, sia da parte delle fonti – comunque da verificare nella loro attendibilità sulla base di dati e prove incontestabili – sia da parte dei fruitori/divulgatori delle notizie ricevute, nel rispetto della deontologia professionale che nell’esercizio del giornalismo all’art. 8 del Codice deontologico prescrive la tutela della dignità di «soggetti coinvolti in fatti di cronaca».
Dalle parti d’Oltretevere, relativamente al “caso Hasler” – che continua a non turbare il dormire sonni tranquilli – la “lezioncina” sulla responsabilità non sembra proprio trovare riscontro in parametri corrispondenti alla coerenza e al buon senso.
«Pensa
Prima di dire e di giudicare prova a pensare
Pensa
Che puoi decidere tu
Resta un attimo soltanto
Un attimo di più
Con la testa fra le mani
Pensa»
È il ritornello di una canzone di Fabrizio Moro che, per un’associazione di idee tutt’altro che strana, mi è tornata in mente. Infatti: il finale fa proprio al “caso” nostro.
«Gli uomini passano e passa una canzone
Ma nessuno potrà fermare mai la convinzione
Che la giustizia no
Non è solo un’illusione».
Maria Michela Petti
04 maggio 2021