REFERENDUM – La scelta del non voto, nonostante il “privilegio” del voto per corrispondenza
Decidere di non votare e dichiararlo senza nascondermi dietro vaghe spiegazioni, assumendomi la responsabilità di tale decisione, come sempre. In passato: quando non ho avuto paura di denunciare ogni “stortura” (con discrezione, mai a mezzo stampa, prediligendo la via “diretta”) ben conoscendo i rischi cui mi esponevo; e le conseguenze non sono state indolori, benché senza raggiungere la gravità di abusi patiti negli ultimi tre anni e mezzo. A maggior ragione oggi, anche se può non interessare a chi dovesse leggermi.
Essendo residente all’estero, non per libera scelta – soprattutto per la durata di ben 34 anni oltre i 6 previsti all’ atto della registrazione all’ Anagrafe vaticana – per ragioni imposte dal servizio del marito in seno al Corpo della Guardia Svizzera, e rimasta per motivi che sarebbe impossibile sintetizzare qui (ma che troveranno adeguata illustrazione in altro modo e in avvenire), nonostante tentativi coraggiosi da me messi in atto per iniziare altrove una vita “nuova” , tentativi falliti, indipendentemente dalle mie forze e capacità di lottare. Se il tutto avesse avuto uno svolgimento “normale e regolare” non starei qui a raccontare questo particolare e, soprattutto, sarebbero mancati i presupposti per la squallida vicenda che ha visto vittima-protagonista mio figlio.
Per inciso: la mia residenza è passata al vaglio annuale delle Autorità preposte per il rinnovo dell’ “autorizzazione”, avendo preferito rinunciare fin da subito alla cittadinanza vaticana, per convenienza familiare, in prospettiva di un “rientro” in Italia che allora nulla lasciava presagire sarebbe stato così lontano da venire.
In qualità di cittadina italiana residente all’ estero e iscritta all’ AIRE, fino al 2001 sono stata spostata per un bel po’ di tornate elettorali fra vari seggi di Roma (per esigenze legate al numero dei votanti) fino ad essere poi regolarmente ammessa al seggio del domicilio precedente al mio trasferimento all’ Estero. Strano no? Un cancello! ha fissato il limite – che ho quotidianamente valicato per respirare aria di casa mia – a quella che fino ad allora era stata la mia città di adozione, essendo nata e vissuta fino ai vent’anni ad Amalfi … e preferisco il termine “trasferimento” ad “emigrazione”, che mi rimanda col pensiero a tante altre… contraddizioni…
Con l’entrata in vigore della legge Tremaglia del 27.12.2001 n° 459, approvata con decreto del Presidente della Repubblica n° 104 del 2 aprile 2003, che si applica per le elezioni parlamentari e i referendum nazionali, a partire dal Referendum del 15.06.2003 – fallito per non aver raggiunto il quorum – ho potuto esercitare il mio diritto-dovere di voto per corrispondenza o optando per la votazione al seggio, presentando richiesta in tal senso all’ Ambasciata d’ Italia presso la Santa Sede, come e nei termini previsti da detta legge.
E non ho mai mancato di votare, fino ad oggi.
Il 4 settembre scorso ho ricevuto per posta raccomandata dall’ Ambasciata il regolare plico con il materiale per il voto sul Referendum di domenica e lunedì prossimi (20-21 settembre 2020) e avrei dovuto restituire immediatamente – in modo che sarebbe dovuta pervenire all’ Ufficio diplomatico entro le ore 15 di ieri martedì 15 settembre – la scheda votata inserita in un’ anonima busta bianca (contenuta nel plico) a sua volta inserita con il tagliando anch’esso anonimo e staccato dal certificato elettorale in una busta più grande recante già l’indirizzo dell’ Ambasciata e affrancata con bollo delle poste vaticane.
Non ho votato: nonostante il “privilegio” – particolarmente gradito in questi tempi caratterizzati dal rischio contagio da covid19 – di votare comodamente da casa, scendere i quattro piani di scale (non c’è ascensore nella palazzina dove abitiamo, in caserma…) e fare meno di quarantaquattro passi per depositare nella cassetta delle lettere davanti all’ ufficio postale interno della Città del Vaticano il “mio” voto referendario.
Il motivo di questa mia decisione? Come cittadina italiana residente in “questo” Stato estero non godo – insieme ai miei figli, anch’essi cittadini italiani – delle garanzie e della difesa dei diritti riconosciuti dalla Costituzione italiana. Pur consapevole dei “lacciuoli” ben noti a tutti, ho denunciato tuttavia a chi di dovere in Italia questa nostra situazione di deplorevole disagio. Non ho votato anche per non percepirmi come “riserva depositata” all’ estero, da cui attingere solo in occasione delle elezioni. E: con la presente denuncia pubblica mi piace immaginarmi non percepita da chi ne venga a conoscenza come una “privilegiata” che se la gode in un “paradiso terrestre”.
An passant: in questo “paradiso” non sono poche ed irrilevanti le complicazioni derivanti dal non essere iscritta al Servizio Sanitario Nazionale, essendomi trasferita qui precedentemente alla sua entrata in funzione. Questo è un altro capitolo di quel “romanzo” della nostra vita familiare che a tempo debito sarà scritto.
Ma: trovandomi in argomento, non posso non accennare ad una delle complicazioni – la più grave alla luce del “caso” relativo a mio figlio – del non poter usufruire dell’assistenza sanitaria italiana che è all’ origine del suo essere (ormai ex) dipendente vaticano,
Mio figlio aveva un lavoro con regolare contratto a tempo indeterminato in Italia prima di essere assunto in Vaticano. Avvicinandosi all’età che comportava la decadenza dall’ assistenza FAS (mutua vaticana), non poteva essere regolarizzato presso il Servizio Sanitario Nazionale italiano, proprio perché residente all’estero. E a nulla valse la mia proposta a “chi di competenza” di ricorrere ad un escamotage – peraltro adottato in ogni tempo, nei confronti di altri “cittadini” dello Stato – per aggirare l’ostacolo e permettere che restasse a lavorare a Roma. Per ragioni meglio note al Signore che persino a noi stessi, si preferì – là dove si è sempre “deciso e disposto” delle nostre vite – assumerlo nel giro di 15 giorni in servizio presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
Come è finita è storia ormai ben nota!
16 settembre 2020
Maria Michela Petti