Per non annegare nel fiume in piena di parole
La predica agli uccelli di San Francesco è nota per l’altrettanto noto affresco attribuito a Giotto che si può ammirare nella Basilica Superiore di Assisi e che riproduce l’episodio della vita del Santo, descritto da San Bernardo e riportato dalle Fonti Francescane (1206).
Racconto che, in sostanza, evidenzia il suo atteggiamento di vicinanza e di “ascolto” di ogni essere vivente, animali compresi. Nel caso in oggetto dello stormo che gli si era fatto attorno, cinguettando.
Un modo abituale di rapportarsi agli altri, con particolare predilezione per gli ultimi, che non contemplava l’(ab)uso di parole lasciando parlare il modo di essere e comportarsi. In una parola: la testimonianza, che ha fatto di Francesco l’Alter Christus per eccellenza, di cui si continua a parlare, pur senza aver egli mai pronunciato “sermoni” articolati e, soprattutto, non di facile comprensione.
Rivolgendosi agli uccelli, “come fossero dotati di ragione, li esortò premurosamente ad ascoltare tutti la parola di Dio” e a lodare il Creatore per i doni ricevuti. E i volatili, gesticolando ed aprendo il becco, sembrarono aver recepito il messaggio, insieme a tutti presenti. Messaggio essenziale ripetuto ad ogni occasione propizia.
Che prediligesse l’essenzialità evangelica appare ancora più chiaro nella predica che propose di fare insieme a frate Ginepro, di cui alla sua Vita, allegata spesso a edizioni moderne de “I Fioretti di San Francesco”. Predica sviluppata attraversando la città e pregando per chi era a lavoro nelle botteghe e negli orti, regalando un sorriso ai bambini e una carezza ai malati, scambiando una parola con gli anziani e aiutando una donna a portare un carico d’acqua pesante.
Dopo aver girato a lungo, al compagno che si stupì per dover rientrare in convento senza aver predicato, il Santo di Assisi rispose: «Se hai in tasca il profumo del muschio non hai bisogno di raccontarlo a tutti. Il profumo parlerà in tua vece. La predica migliore sei tu».
Ho avvertito il bisogno di rileggere qualche pagina delle Fonti Francescane, più che mai in quest’ ultimo periodo, per rinfrescare l’animo con un sorso d’acqua pura, nel mentre mi sono sentita travolgere da un fiume in piena di parole e di notizie circa fatti e misfatti, che stento a metabolizzare, sebbene non siano una “novità”. E dall’ inarrestabile susseguirsi di operazioni mediatiche finalizzate alla promozione di un’immagine e praticate senza osservare con sguardo lucido dati di fatto che, impietosamente, ne mettono in luce l’irrilevanza ai fini “alti” delineati a parole.
«Quello che [Francesco] esigeva dagli altri con le parole, lo aveva preteso prima da se stesso con le opere; perciō non temeva censori e predicava la veritā con estremo coraggio.
Sapeva non lusingare le colpe, ma sferzarle; non blandire la condotta dei peccatori, ma abbatterla con dure rampogne…
Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava. confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.
… e, prodigio ancor pių grande, con l’efficacia della sua parola inteneriva e muoveva d penitenza gli ostinati e, nello stesso tempo, ridonava la salute ai corpi e ai cuori». (FF 1212,8)
La forza dell’autenticità della testimonianza rifugge dal clamore mediatico.
Senza alcun intento da parte mia di demonizzare gli strumenti tecnologici di ultima generazione e pur tenendo nella debita considerazione le mutate esigenze della comunicazione contemporanea.
Est modus in rebus!
Pur senza pretendere l’ineguagliabile umiltà e la povertà di spirito di Francesco, conquistate con lo spogliarsi del suo “io”, dandone dimostrazione plastica con lo svestire, nella pubblica piazza, gli abiti di una vita vissuta fra piaceri ed agi, per poter godere della “perfetta letizia” nella sequela Christi.
Il suo votarsi alla radicalità del Vangelo lo portò ad essere scelto per la missione affidatagli dal Crocifisso di San Damiano: «Va e ripara la mia casa». La “Sua” Chiesa. Non di proprietà personale di alcun altro…
In mezzo a frastuoni, per me importuni oltremisura, e a silenzi assordanti – sui quali preferisco non soffermarmi troppo – un breve Post, pubblicato oggi (20 gennaio 2024) dal blog MiL mi ha strappato un sorriso e spinta a credere, con tutta me stessa, alla ventilata… certezza(?) o speranza che lo introduce: «Ci salverà l’ironia…» Sotto il titolo, molto eloquente:
“La luminosa dottrina sul Papato di Cecco Angiolieri”
Con la bolla S’i fosse foco il Santo Padre Francesco ha proclamato Dottore della Chiesa il servo di Dio Francesco “Cecco” Angiolieri, poeta e scrittore nato a Siena nel 1260 e ivi deceduto nel 1310 ca., proponendo ai fedeli tutti la luminosa dottrina sul Papato esposta nei mirabili versi:
S’i fosse Papa,
allor serei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei.
Maria Michela Petti
20 gennaio 2024