Misericordia pura e semplice
La memoria liturgica di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che si celebra oggi 1° agosto, mi ha offerto l’occasione per la rilettura di sue riflessioni sul tema della “misericordia”, insistentemente riproposto durante il pontificato corrente.
Profondamente confortata dall’elevazione spirituale immortalata nel “Magnificat”, resto ancorata alla sintesi poetica di lode del Creatore in rapporto alle promesse per le Sue creature. Senza lasciarmi confondere da un’esegesi eccessivamente indulgente riguardo alla misericordia di Dio, discorde dalla strofa della preghiera mariana che recita: «di generazione in generazione [essa] si stende su quelli che lo temono».
Ad essere sincera fino in fondo: recito con una certa difficoltà, e non senza ragione, i versetti al passato relativi alla dispersione dei “superbi nei pensieri del loro cuore” e al rovesciamento dei “potenti dai troni”.
Quanta superbia alberga in quei “falsi profeti” che si propongono – anzi: con tattiche seducenti si impongono – “in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci”! (Mt 7,15) E: prima di poterli riconoscere dai loro frutti, quante sofferenze seminano a piene mani fra i malcapitati sotto il loro predominio, per uno dei tanti, non infrequenti, accidenti della vita.
Quanti potenti – per meglio dire: prepotenti! – dall’alto dei loro troni, ben puntellati da sovrastrutture organiche allo scopo, fanno il bello e il cattivo tempo – in concorso con cortigiani e vassalli – incuranti delle ferite di varia gravità inferte ai più deboli e indifesi!
Quanta arroganza e arbitrarietà nell’esercizio di un potere illimitato che, né per forma né per sostanza, dovrebbe intendersi tale! E che, invece, prospera anche grazie alla compiacenza di organi mediatici sfruttati in uno scambio di interessi reciproco, assurto a sistema.
È la triste oggettività sotto gli occhi di chi sa e vuole tenerli aperti sulla panoramica aggiornata in tempo reale da un’informazione che, per quanto cerchi di offuscare o mitigare per convenienza alcuni aspetti particolarmente sensibili della realtà odierna degenerata, non può tuttavia silenziare le piattaforme tecnologiche di nuova generazione. Inducendo per questo ad elevare la fervida preghiera perché il Signore distenda “la potenza del suo braccio” e allontani l’umanità dal rischio di sprofondare nelle sabbie mobili, alimentate dalla sua incapacità di ancorarsi a certezze che superano i limiti umani. Attraverso percorsi di cristallina direzione che, senza sconti impropri e improbabili, facilitino condizioni favorevoli al godimento della misericordia di Dio – nella Sua giustizia e secondo il Suo volere – e prima ancora la cooperazione nei fatti al piano di salvezza attuata con il sacrificio della Croce.
- Stralci dalla lezione “sulla misericordia” di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (dal II dei “Nove discorsi da farsi in occasione dei flagelli”, tralasciando gli incisi in latino)
«Oh, quanti miseri si perdono colla falsa speranza della misericordia di Dio! Poiché vogliono tirare sempre avanti la mala vita con dire, Dio è di misericordia. Sì, Dio è di misericordia, e perciò aiuta e protegge chi spera nella sua misericordia… Ma chi spera con intenzione di mutar vita, non già chi spera coll’animo perverso di seguitare ad offenderlo: la speranza di costoro non è accetta a Dio, ma è abbominata e punita…»
A chi accarezza questa falsa speranza, rinnova la stessa domanda formulata da S. Bernardo: “Donde avete, o ciechi, questa maledetta sicurezza?”, “maledetta” perché non porta alla salvezza dell’anima, il Santo napoletano, fondatore della Congregazione dei Redentoristi, che – dopo aver abbandonato la professione di avvocato, praticata per otto anni con successo – si dedicò alla cura umana e in primis spirituale degli ultimi, fra i quali i pastori dei monti di Amalfi, che mi ha dato i natali. E, la memoria di questa sua missione sopravvive nel Monastero delle Redentoriste di Scala, che – voglio sperare – non sia destinato alla chiusura che sta interessando in misura preoccupante un numero considerevole di case di religiosi e religiose, ad ogni latitudine.
Ricordando la pazienza del Signore, che vuole la salvezza dei peccatori attraverso il pentimento e la correzione della loro condotta di vita, Sant’Alfonso precisa che «Dio sopporta, ma non sopporta sempre; sopporta sino a certo segno e poi paga tutto… Le misericordie abusate oh quanto cooperano a far condannare gli ingrati!… Finalmente le gregge di questi tali che non vogliono emendarsi saranno vittime della divina giustizia».
- Sant’Alfonso nel ricordo di Papa Ratzinger
Benedetto XVI dedicò la catechesi dell’Udienza generale del 30 marzo 2011 a questo Dottore della Chiesa – autore, tra l’altro, delle parole e della musica del “Tu scendi dalle stelle”, uno dei canti natalizi più popolari – «a cui siamo molto debitori, perché è stato un insigne teologo moralista e un maestro di vita spirituale per tutti, soprattutto per la gente semplice».
Ripercorrendo le tappe della sua intensa vita apostolica, Papa Ratzinger si soffermò sulla fase immediatamente precedente la sua chiamata vocazionale al sacerdozio. «A 16 anni [si direbbe: un “ragazzo prodigio”] conseguì la laurea in diritto civile e canonico. Era l’avvocato più brillante del foro di Napoli: per otto anni vinse tutte le cause che difese». Ma: «nel 1723, indignato per la corruzione e l’ingiustizia che viziavano l’ambiente forense, abbandonò la sua professione – e con essa la ricchezza e il successo – e decise di diventare sacerdote».
Circa i mali alla base del suo ritiro volontario da quest’ambito malsano – che in tutta evidenza dovette apparirgli non moralizzabile – le cronache quotidiane dei nostri giorni riguardanti l’universo giudiziario sembrano avvalorare la condizione di un tessuto ormai incancrenito.
Evitando la tentazione di addentrarmi in un dedalo di considerazioni, ampiamente illustrate da competenti in materia e purtroppo non risolutive, non posso – per motivi che mi toccano da vicino – mancare l’accenno alla paradossale condanna, nemmeno formalizzata e inappellabile, emessa da improvvisato “giudice per caso” e dettagliata su queste pagine, che ha stroncato la vita di un soggetto inerme, al quale è negata persino la possibilità di tentare l’approdo al fantomatico “giudice a Berlino”…
Chi vuol capire, capisca…
E: basta chiacchiere! I problemi – tanti e di una gravità che ha raggiunto il livello massimo – non si risolvono con parole inutili, replicate ossessivamente e a pappagallo.
«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri». Ebbe a dire Paolo VI, il 2 ottobre 1974, durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici. Affermazione riproposta nell’ Esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi” (41) dell’8 dicembre 1975 con la precisazione: «o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».
Additando l’«azione evangelizzatrice e di catechesi tra gli strati più umili della società napoletana», basata “sulle verità basilari della fede”, Benedetto XVI durante l’Udienza citata dedicata alla figura e alla missione compiuta da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, mise in evidenza gli “ottimi” risultati registrati. «Molte delle persone a cui si rivolgeva erano dedite ai vizi e compivano azioni criminali». Ebbene: grazie al suo accompagnamento con l’insegnamento della preghiera e l’incoraggiamento a migliorare il loro modo di vivere, nelle riunioni organizzate prima nelle case private e nelle botteghe e poi nelle cappelle della città, che presero il nome di “cappelle serotine”, questa sua opera fu «una vera e propria fonte di educazione morale, di risanamento sociale, di aiuto reciproco tra i poveri: furti, duelli, prostituzione finirono quasi per scomparire».
Se in questo nostro tempo, forse, scarseggiano gli “apostoli” stile questo Santo napoletano, certamente non resterebbe inascoltata la quanto mai opportuna richiesta a Lui rivolta di intercedere a favore dell’impegno eticamente irreprensibile di avvocati, teologi, moralisti e confessori, affidati alla Sua protezione e di cui la società contemporanea ha estremo bisogno.
Maria Michela Petti
1 agosto 2024