La nomina pontificia di nuovo conio… e dintorni

18 June 2021 0 By EH(?)

Interrogativi sospesi e qualche considerazione su un’insolita “nomina” papale (di un editorialista per “L’Osservatore Romano”) comunicata dalla Sala Stampa della Santa Sede mercoledì, 16 giugno, sono stati esplicitati nell’edizione di ieri de “Il Foglio”. Su questa testata si coglie la “novità” introdotta dal pontefice e se ne sottolinea l’originalità, senza mancare di insinuare qualche perplessità, non rilevata dalla stragrande maggioranza dei media, vetrine per reazioni solitamente immediate a manovre sospette e insidiose per il libero esercizio della professione giornalistica.

In questa circostanza, invece, trattandosi di una decisione assunta da un papa che gode del favore pressocché incondizionato da parte degli organi di informazione, si è preferito forse chiudere non solo un occhio ma tutti e due per non dare risalto ad una notizia che potrebbe configurarsi quale precedente di scuola e comportare il rischio di un significativo indice di trasmissibilità nel mondo dell’editoria…

Ecco come “Il Foglio” l’ha portata a conoscenza dei suoi lettori.

«Bollettino diffuso dal Vaticano ieri alle ore 12: “Il Santo Padre ha nominato assistente ecclesiastico del dicastero per la Comunicazione ed editorialista de L’osservatore Romano il Rev. do Luigi Maria Epicoco, del clero dell’arcidiocesi de L’Aquila”. Tralasciando il nome del promosso – poteva essere chiunque, non è questo il punto – quello che fa specie è che il Papa provveda a nominare l’editorialista di un giornale. E che ci tenga a farlo sapere tramite bollettino ufficiale diffuso dalla Sala stampa. Davvero deve essere il Pontefice, vicario di Cristo in terra, che si può immaginare occupato in materie ben più delicate, a determinare chi deve scrivere gli editoriali del quotidiano della Santa Sede? Evidentemente, Francesco non deve riporre grande considerazione in coloro (scelti da lui) preposti a guidare i canali informativi vaticani, peraltro già “rimproverati” qualche settimana fa durante una visita al Palazzo dei media (“Ma quanti ascoltano la Radio, e quanti leggono l’Osservatore Romano? Voi qui siete come la montagna che partorisce il topolino”). Se dopo anni passati a riformare, accorpare, tagliare e assembleare, il risultato è che il Papa sceglie gli editorialisti di un giornale, qualcosa da domandarsi c’è».

La genialata – secondo me e con il massimo rispetto dovuto a deduzioni diverse – mi ha trasmesso il risultato di un’operazione convenienza. Come avrebbe potuto il papa allontanare da sé l’ombra di un qualche errore commesso nel dare compimento alla “sua” riforma del comparto cruciale dei media vaticani e nella scelta dei “suoi” più stretti e fidatissimi (come in ogni altro àmbito) collaboratori cui ha affidato le leve del comando del Dicastero per la Comunicazione, se avesse seguito la linea di azione che gli è congeniale? Ovvero: operando qualche “sostituzione” o un semplice valzer di poltrone – tanto per usare un eufemismo – stante il particolare contesto, per il quale il principio del tornaconto e la “cura dell’immagine” gli hanno, di sicuro e senza provocargli troppi ripensamenti, fortemente sconsigliato una “cacciata” che si sarebbe rivelata senz’altro controproducente, per il prevedibile vespaio di polemiche che avrebbe sollevato e soprattutto… per quel clamore mediatico tornato, invece, utile in particolare nel “caso Hasler”…

Questa inusuale nomina mi ha ispirato una suggestione. E: se il papa d’ora in poi provvedesse in prima persona all’assunzione dei dipendenti della Santa Sede per ogni settore e livello? Non si eviterebbe in tal modo l’incresciosa incombenza di dover intervenire per ristabilire un clima di pacifica e serena convivenza fra i subalterni dei vari uffici nell’eventualità di turbamenti – reali o presunti – causati da note caratteriali di qualche collega fortemente sgradite a qualcuno e/o a taluni, anche là dove magari la situazione possa sfuggire di mano ai diretti superiori? Eh, sì: questo è il busillis lasciato pubblicizzare dalla stampa sempre relativamente alla vicenda dell’ex funzionario laico impiegato presso la segreteria generale del Governatorato, destinatario del trattamento a dir poco surreale messo in atto senza uno straccio di prove e, per di più, senza una comunicazione scritta fornita all’ interessato, contrariamente a quanto previsto dalle norme del Codice di Diritto Canonico per chiunque sia sottoposto ad un qualsivoglia provvedimento, con garanzia prescritta della legittima difesa nelle sedi opportune. Norme che, per inciso, non sono state emendate dalle modifiche apportate al Libro VI del medesimo Codice, pubblicato nella versione riveduta lo scorso 1.mo giugno, che ha introdotto – tra l’altro – il principio giuridico della “presunzione di innocenza”!!! Per me: un’ovvietà… ma io sono ignorante in materie giuridiche…

Tant’è! Nell’ anno del Signore 2021 la “presunzione di innocenza” ha trovato la sua collocazione… sulla carta, almeno! ad integrazione (???) di quanto stabilito all’ Art.18 della “Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano” (base della giurisdizione vaticana), promulgata dal Sommo Pontefice ora San Giovanni Paolo II, il 26 novembre 2000 – in sostituzione della precedente, emanata il 7 giugno 1929 dal Papa Pio XI, a seguito della firma dei Patti Lateranensi – che è in vigore dal 22 febbraio 2001.

Sorvolando sulle regole fissate dal “Regolamento generale per il personale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano” e su altre specifiche disposizioni interne riguardanti il lavoro e a tutela dei dipendenti, mi limito a riportare quanto recita l’Art. 18 della su citata Legge.

1. Le controversie relative al rapporto di lavoro tra i dipendenti dello Stato e l’Amministrazione sono di competenza dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, a norma del proprio Statuto.

2. I ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari disposti nei confronti dei dipendenti dello Stato possono essere proposti dinanzi alla Corte di Appello, secondo le norme proprie.

Atteso che l’anomalia della vicenda Hasler non può essere inquadrata nei parametri di riferimento (per gli ovvi motivi… incomprensibili per gli estranei all’ambiente) e che presumibilmente rimarrà un “caso” unico e solo, già segnato dalla damnatio memoriae là dove è andato in scena, resta valido – e sempre opportuno citare – ciò che sostiene Sant’Agostino.

Quod Deus vult ipsa iustitia est: Ciò che Dio vuole è la stessa giustizia. (Qu. Disp. De Veritate – 2 Qu.23 Art.4)

Maria Michela Petti
18 giugno 202
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