Con la mente al presepe
Con il cuore alla grotta di Betlemme
Ogni anno con il Natale si rinnova la sua rappresentazione presepiale, malgrado i tentativi di ridimensionare questa secolare tradizione in nome di un discutibile principio di laicità, i cui effetti collaterali non del tutto felici già si siano fatti sentire nell’evoluzione della società. E, nonostante l’oggettistica natalizia profana che si attaglia perfettamente allo spirito mutabile dei tempi.
Quanti dolci ricordi! legati all’allestimento del presepe nella casa del primo (sufficientemente lungo) periodo della mia vita, che – seppure velati da una sottile vena di nostalgia – hanno reso meno struggente il tempo natalizio degli anni successivi, vissuti in un contesto lontano, non solo quanto alla realtà spaziale, ma soprattutto per usanze ed abitudini di tutt’altro tono.
Ancora oggi mi accompagna l’atmosfera “religiosa” – respirata nell’ ambito domestico di allora – di quella preparazione al mistero della Natività, riprodotta in giro per il mondo in espressioni visibili dell’estro creativo, in non pochi casi di alto valore artistico, funzionali alla riflessione sull’evento che inaugurò il piano di redenzione dell’umanità.
Atmosfera dal sentore religioso che aleggia nel” Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo: perfetta sintesi dello sforzo di salvaguardare valori e tradizione dall’usura dei cambiamenti epocali, attraversando crisi e conflittualità tipiche di una famiglia standard, sempre identica a sé stessa nello scorrere del tempo.
Il ripetuto “no” del figlio all’insistente domanda – “Te piace ‘o presepio?” – fino all’ultimo respiro di Luca, impegnato per tutta la commedia nell’allestimento del presepe con devota dedizione, si tramuta nel finale in un “sì”. Dettato certamente da un naturale slancio affettivo verso il padre moribondo e, forse, anche intimamente collegato alla presa di coscienza del messaggio che gli aveva voluto trasmettere, attraverso l‘opera delle sue mani e l’accorata insistenza nell’invito ad ammirarla.
Consapevolezza acquisita da Tommasino (il figlio; detto Nennillo) che si manifesta nell’ emozionante scena dei Re Magi che intonano il “Tu scendi dalle stelle”, circondando la moglie dell’uno e madre dell’altro angosciata per la rottura del matrimonio della figlia ed agitando stelline scintillanti, di quelle che persino i bambini possono accendere con la dovuta cautela.
Uno scintillio, sia pure di breve durata, per diradare il turbinio di sentimenti ed emozioni contrastanti.
Simbolo che richiama in piccolo la Luce della Notte Santa.
Quella evocata dai ceri e dalle fiaccole con cui i frati e gli abitanti dei casolari intorno a Greggio, accorsi festanti all’invito di Francesco di Assisi, illuminarono il presepio: la greppia con il fieno, affiancata dal bue e dall’asinello.
«In quella scena commovente – si legge nel Capitolo XXX delle Fonti Francescane: 466 84 – 471 87) – risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme».
Lì; dove la rievocazione dell’Incarnazione, col canto del Vangelo per bocca del diacono Francesco e la sua infervorata esegesi, in «uno dei presenti, uomo Virtuoso», suscitò la «mirabile visione» del Bambinello destatosi «da quella specie di sonno profondo» all’accostarsi del Poverello assisano.
Visione non discordante dalla realtà – si sottolinea – perché, per i suoi meriti poi riconosciuti, e col potere evocativo di questo mistero della nostra fede, riuscì a risuscitare (proprio questo il verbo utilizzato) «il fanciullo Gesù nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia».
· In trepida attesa, prego
Che il chiarore di quella notte, quasi fosse pieno giorno, vissuta dai partecipanti a tale celebrazione – non figuranti sulla scena riprodotta di un presepe – nella letizia di un’esperienza di intensa spiritualità, rischiari la quotidianità degli smarriti nella “notte della fede”.
Che la luce della Stella che si accese a Betlemme indichi all’umanità di oggi, disorientata da messaggi discordanti sul suo stesso valore e sulla finalità della sua vita, il percorso nella giusta direzione.
E la allontani dai pericoli nascosti da “falsi profeti” con parole ingannevoli e dai progetti di morte abilmente occultati da malintenzionati Erode che – da posizioni di prestigio che valgono loro mutuo riguardo fra pari di grado sulla scena mondiale – hanno gioco facile di dominio sui subalterni e sulle fasce più deboli della società.
Che l’amore di Dio, fattosi Bambino, riscaldi i cuori chiusi nella freddezza dell’egoismo e dell’indifferenza verso i poveri di amore autentico, verso i bisognosi di beni ben oltre quelli materiali. Beni sottratti spesso con atti di violenza e ancor più spesso con subdola messinscena.
E stringa nel suo caldo abbraccio i poveri abbandonati al gelo della solitudine nella sofferenza causata da cuori induriti da orgoglio smisurato e supponenza.
Che la tenerezza del Dio-Bambino parli al cuore di chi vacilla nel “silenzio di Dio” e lo aiuti a cercare conforto nella voce del silenzio che, a Betlemme, lasciò la parola agli Angeli che recarono il lieto annuncio: il dono di Cristo all’umanità per liberarla dalla schiavitù del male e da una povertà in maschera.
Preghiera che si fa augurio di Buon Natale, con sensi di gratitudine verso quanti nutrono nei confronti della mia famiglia sentimenti di amicizia genuina e concreta.
Maria Michela Petti
21 dicembre 2023