Cin-Cin! alle giulive oche
«E cos’altro per il cenone?» domanda la signora devota al marito, che passa per raffinato buongustaio e non solo in fatto di ricette gastronomiche. Ebbene, sì: anche per i sofismi dialettici che di buon mattino, sorseggiando il caffè di qualità, rigorosamente amaro per gustarne appieno il pregio, con il suo “punto” sul fatto del giorno prima, regala ai suoi lettori, sempre più assonnati e già con un’idea personale sulla notizia dalla quale egli trae spunto per il pezzo di costume, con la prosopopea che lo ha consacrato forbito castigatore di vizi e della perdita di valori e gli ha fatto guadagnare un posto al sole.
«Un foie gras, naturalmente!» risponde la “firma” fra le più riverite del giornalismo dei nostri giorni alla premurosa consorte che si accinge ad imbandire il pasto della serata di San Silvestro in casa, con un ristretto (per via del covid) numero di invitati, tutti e solo colleghi della dolce sua metà. All’apparenza un tenerone, nonostante i tiri ficcanti con le parole quali corpo contundente, con le quali sta per far partire il pistolotto di saluto all’anno che verrà, cliccando senza sforzo eccessivo sul mouse sempre a portata di ditino…
La scenetta su cui ho voluto giocare di fantasia – anche se difetto di questa facoltà mentale – ovviamente, non muta di una virgola, nella sostanza, se immaginata tutta al femminile, con una prestante giornalista, pur sempre padrona di casa, che delega la fidata collaboratrice domestica alla preparazione del cenone di Capodanno, su sue precise indicazioni circa il menù.
Un pasto da leccarsi i baffi. Alla faccia delle oche fatte ingrassare con alimentazione forzata, per la gioia di palati sopraffini in fuggevoli momenti di stacco della mente dalla materia prima impiegata nella tecnica di ben altri “ingrassamenti”… che inducono gli sprovveduti e gli amanti del gossip ad ingozzarsi di… parole.
E, così: fra una battuta e l’altra, un pettegolezzo sulla vita privata di qualche conoscente, di un personaggio famoso o di un povero cristo finito per caso sulla bocca di tutti, nella loro finisce il manicaretto preparato alla perfezione a danno di oche ignare del loro triste destino e indifese.
«Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l’esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d’esser cucinato».
È l’acuta osservazione di Guido Gozzano in una poesia dedicata appunto all’oca.
Se, infatti: saltando, starnazzando, rituffandosi e giocando sulla riva di un canale, essa non pensa al coltello della massaia che, con un colpo deciso, le reciderà il collo alla vigilia del prossimo Natale e – mai e poi mai – “sogna d’essere mortale”, non è così “bella” la sorte dell’uomo destinato a convivere con la consapevolezza dell’appuntamento ineludibile con l’ultimo momento, diventato a maggior ragione una pesantissima condanna da scontare, minuto dopo minuto, per chi si ritrova a dover fissare la propria testa mozzata e offerta in pasto all’opinione pubblica sul piatto dorato del sensazionalismo mediatico.
Oh, no! Il giulivo uccello non è stato eletto a simbolo della stupidità per questa sua beata incoscienza, bensì per l’impiego disinvolto di un pezzo del suo piumaggio – una penna – in uso degli scrittori nei tempi andati che non hanno certamente mancato di scrivere idiozie, proprio come molti dei contemporanei, che sono i più o meno irresponsabili tagliatori di teste, fra i quali i commensali alla cenetta di questa fine anno che, piacevolmente, si sta avvicinando alla fatidica ora del brindisi beneaugurante, esercitanti lo stesso mestiere. Che, se pure, al giorno d’oggi, dispongono di attrezzi moderni che non fanno correre il rischio di macchiare con l’inchiostro, nel quale una volta si intingeva la piuma (e poi il pennino) e che poteva anche inavvertitamente rovesciarsi sulle pagine dei loro elaborati, un gran numero di giornalisti e di bloggers – questi ultimi spesso e volentieri influenzati da qualche scoop – imbrattano pagine e… persone… in maniera più pulita, senza dare nell’occhio, come vistosamente evidenziava il nero delle macchie lasciate dalla soluzione usata nel passato per la scrittura.
Fatta questa digressione, riprendo il filo del clima conviviale al banchetto di colleghi-amici che si apprestano a dire “addio” ad un altro anno vissuto in stato di emergenza sanitaria prolungata, senz’altro meno problematica per loro, schierati dalla parte della versione dei media mainstream, che perciò non hanno i nervi a fior di pelle come un qualsiasi comune mortale di bassa fascia che più patisce il disagio nello statu quo per gli effetti collaterali, non escluso l’alto livello di confusione nella comunicazione e parallelamente nell’informazione.
E, finalmente, eccoli pronti a salutare il nuovo anno: Cin-cin! In alto i calici prima che le bollicine si disperdano in aria come i sogni di chi non ce la fa nemmeno a sollevare un bicchiere… vuoto…
Domani si riprenderà e, come sempre, al mercato delle parole non ci sarà che l’imbarazzo della scelta fra prodotti concorrenziali per i titoloni e per le “firme” degli opinion leaders.
Che siano i poveri cristi, inconsapevoli fino all’ora X dello scoprirsi “ingrassati” ad uso e consumo dei vendifumo, o gli stessi pennivendoli – non ritenendosi affatto sospettabili di stupidità, anzi andando fieri di offrire sulla piazza un pezzo della dote preziosa di “piume”, nello specifico la versatilità dell’intelletto – non mi sembra affatto che in entrambe le posizioni ci si possa beare della “bella” sorte delle oche, alle quali si contende il privilegio della pia illusione di non finire “cucinati” per il puro piacere di soggetti di “bocca buona” e, ancor prima, di… quelle “piume al vento”…che soffia e…ti porta via…, senza poterlo fermare.
Ad ogni modo: Buon Anno nuovo! Che lo sia veramente e principalmente per la povera gente che non dispone di mezzi di difesa dai colpi di armi bianche…
Maria Michela Petti
29 dicembre 2021