“Aver compagno al duol…”
Per quel che può valere: la mia solidarietà alla Signora Martha Alegría Reichmann, vittima con il marito Alejandro Valladares – ex ambasciatore dell’Honduras, ora scomparso – di raggiri maturati in ambito ecclesiale e per la malriposta fiducia in un alto prelato, amico di lunga data e molto influente nella Curia Romana soprattutto negli ultimi tempi, che aveva loro proposto operazioni finanziare contraffatte conclusesi con la perdita di tutti i risparmi familiari.
Vicenda denunciata nel libro “Sacri Tradimenti”, di cui è autrice la stessa Martha Alegría Reichmann de Valladares, che – impegnata da anni su più fronti per avere giustizia – ha aggiornato sugli sviluppi dell’azione intrapresa (manco a dirlo: con il risultato di un aggravio di pena) successivi alla data di pubblicazione del suo libro, con una Lettera postata ieri (11 novembre 2024) da Aldo Maria Valli, noto vaticanista di un tempo andato, sul suo blog “Duc in altum”.
Lettera al link a margine del presente Post.
Essendo particolarmente sensibile alla sofferenza che unisce soggetti con esperienze per molti aspetti diversi, ma legate da tratti comuni a formare quel sottile filo rosso che, in altri periodi non molto remoti, avrebbe destato sconcerto e indignazione, al quale ora sembra ci si sia fatto il callo, ho avvertito immediatamente il bisogno di far pervenire, in qualche modo, alla signora Alegría de Valladares l’eco della mia vicinanza con la seguente testimonianza, che vuole essere più di uno scritto sincero.
Cara Sig.ra Martha,
spero le sia di conforto sapere di non essere la sola a vivere un’esperienza di sofferenza che non si riesce ad accettare facendo leva solo sulle nostre limitate forze, stante la “singolarità” degli attori che l’hanno generata e del “mondo” nel quale si stenta a credere possano aver luogo vicende che superano – hanno superato – ogni immaginazione e il limite della decenza.
Per altri motivi e con conseguenze di gravità inimmaginabili e incalcolabili sotto ogni profilo, mi ritrovo con i miei familiari nel Limbo, che – per conoscenza in presa diretta – negli anni più recenti si è affollato di “scartati”, in tutta evidenza, non rientranti nella lista di quelli degni dell’amorevole attenzione e sollecitudine invocate, erga omnes, con inviti pressanti e enfaticamente sdolcinati.
“Aver compagno al duol – purtroppo, in queste circostanze, NON – scema la pena”. Ma aiuta a sentirsi meno soli nella condizione di abbandono e di indifferenza generale.
Non se ne faccia una colpa per non essere in grado di difendersi adeguatamente. L’impedimento è fuori e al di sopra di noi.
Non disponiamo di armi “alla pari”. E non perché non riusciamo a mettere in atto il consiglio evangelico per contrastare l’astuzia dei “figli di questo mondo”, dove oltre tutto si è spenta la Luce di cui saremmo (anche noi) figli. (cfr. Lc 16, 1-8)
Facendo violenza alla mia indole restia a denunce pubbliche – tanto da aver sopportato maldicenze e sopraffazioni incredibili di varia natura, optando per segnalazioni private e dirette ai vari (ir)responsabili, per decenni, ricevendo solo qualche rara risposta orale, sprezzante (a dir poco) – sono stata costretta a venire allo scoperto, esclusivamente per difendere con tutte le mie forze un bene superiore, con interventi comunque circoscritti all’estrema essenzialità del nostro “romanzo familiare” integrale, gelosamente custodito nel sacrario delle nostre memorie e dei nostri cuori.
In difesa della dignità di uno dei miei due figli, vittima di un piano oscuro ed oscurato – ordito nel medesimo mondo in cui è maturata la sua tristissima disavventura – con la perdita del suo posto di lavoro per motivi mai chiariti. Non solo: ad essa si è aggiunto l’oltraggio alla sua reputazione favorito da gratuita cattiveria che ha toccato il punto più alto con l’aver pilotato la diffusione della notizia, alimentando la gogna mediatica che ha dato il colpo di grazia all’esistenza di un giovane e offeso la privacy della nostra famiglia. Con dolo pari all’ “eccezionalità” del caso “unico” nella genesi e nella sua trattazione.
Perciò non mi è restato altro da fare che iniziare – e continuare con l’aiuto di Dio – a lasciare “sassolini bianchi” in giro, alla maniera di Hansel e Gretel.
Consapevole che gli organi di stampa e i social siano utili soltanto a far conoscere i fatti e i misfatti, sono certa che qualcosa della decisione adottata e della consequenziale azione – con tutte le altre notizie di “cronaca” non edificanti e fin troppo abbondante, compresi i suoi interventi – sarà preso in debita considerazione in futuro.
Quando storici ed analisti, con parametri appropriati e superata la fase del sentimentalismo e del sensazionalismo ad arte oggi imperanti, studieranno questo periodo della vita ecclesiale nel suo complesso, senza tralasciare vicende riguardanti gli ultimi fra gli ultimi: i più indifesi e gli abbandonati nell’impotenza e nella noncuranza.
E, allo stesso tempo, consapevole che nulla di tali vicende sfugge allo sguardo dell’Altissimo – al Quale va la nostra profonda gratitudine per il sostegno morale mai venuto meno nelle inenarrabili difficoltà che hanno costellato la nostra quotidianità – al Cui cospetto un giorno tutti – proprio tutti – dovremo comparire e dal Quale saremo giudicati con imparzialità e giustizia. Quella che non è degli uomini e che ci viene negata, a dispetto di ogni legge umana e soprattutto dei dettati divini.
Continuando a non genuflettermi dinanzi agli uomini, non avendo debiti di riconoscenza verso chicchessia e non avendo mai avuto padrini e padroni, all’unico Padrone della vita che ci ha donato rivolgo l’incessante richiesta di salvare la mia anima e quella dei miei cari, temendo di perdermi/ci senza il Suo aiuto in questa “valle oscura” e di darci la forza per andare avanti, nonostante tutto e tutti.
Non sono come San Francesco che ha insegnato a gioire per la “perfetta letizia” che, per noi, sarebbe da riconoscere in quest’ennesima vicissitudine che ci troviamo ad affrontare.
Confesso pure che mi è molto, molto, difficile sforzarmi, nelle condizioni date, di praticare almeno un po’ la Sua virtù dell’accettazione di questa prova che, sbrigativamente come in ogni situazione similare, si tenta di attribuire alla volontà di Dio che, invece, l’ha solo permessa per quella libertà concessa agli uomini, non senza averci istruiti su ciò che è bene e ciò che è male.
E concludo con un breve accenno alla mia mancata remissione nei confronti dello stato delle cose, inverosimilmente surreale, e tale da avermi spinto – in coerenza con i miei principi e con lo stile comportamentale abituale – a trarne le dovute conseguenze e fare scelte coraggiose, non a cuor leggero e non indolori.
Mi fermo qui.
Unite nella sofferenza, confidiamo nelle promesse di Colui che non deluderà i Suoi figli, riscattati con il Sacrificio della Croce.
Maria Michela Petti
12 novembre 2024