ALTRE PRIGIONI
Senza pareti di cemento e nemmeno di cartone
finestre senza inferriate. Ma non sono antievasione.
Mai e poi mai a pensarle prigioni, eppur lo sono:
nascondigli di vita in abbandono.
Tutt’intorno la vita impazza
e nessun sentore di disagio che imbarazza.
Non c’è voglia di perdersi dietro alienati ignoti
sepolti vivi da macerie di resettati terremoti.
Il nulla malfatto da presunti colpevoli messi alla sbarra
in fantomatici processi per frenesia bizzarra
gonfiato dall’ego asfissiante di un carceriere
imprigionato dal sé debordante nello strapotere.
Nemmeno un flebile lamento degli invisibili
condannati all’oblio da paladini ultrasensibili
a campagne di promozione per compulsione
consolidando ampi margini di ammirazione.
Indistinguibile la pseudo-vita consumata in solitudine.
Ineloquente il silenzio voluto giocoforza per abitudine.
Prigioni di massima sicurezza, dietro recinti non-recinti.
Niente a che vedere, eppure parimenti impenetrabili
le vite a piede libero di responsabili di atti inconfessabili
prigionieri sulla difensiva per effetto dei propri bassi istinti.
Un mondo marginale di carceri altre per altri rinchiusi
sfuggenti allo sguardo di chi non si cura dei soprusi.
Non fanno rumore. Loro la voce del silenzio
persa nell’abuso di parole sull’universo carcerario.
Maria Michela Petti
09 novembre 2024