Diritti umani. Doveroso non nominarli invano
“Dignità, libertà e giustizia per tutti”.
Questo il tema della Giornata Mondiale dei Diritti Umani che si celebra oggi, 10 dicembre, dando il via alla campagna – all’insegna del medesimo slogan – che si concluderà alla stessa data del prossimo anno (2023), nella ricorrenza del 75° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, cardine dell’ordinamento giuridico internazionale sui diritti inalienabili della persona.
Fu proprio a ricordo di tale evento, e soprattutto per sensibilizzare la coscienza collettiva e responsabilizzare ciascun membro della famiglia umana, a livello globale, sul rispetto e sulla difesa reciproci dei principi sanciti con tale Dichiarazione, che l’Assemblea Generale ONU – il 4 gennaio 1950 – istituì formalmente la celebrazione dell’odierno appuntamento annuale.
Eppure: nonostante ciò e i ripetuti interventi da parte di alti rappresentanti delle Istituzioni internazionali, con una frequenza che dovrebbe scuotere anche l’indifferenza dei più, giungono notizie di violazione di un qualche diritto universalmente riconosciuto, talvolta ai danni di un singolo individuo, altre volte di un intero popolo. Notizie sconcertanti, che non mancano nelle cronache ultime, e che inducono alla facile deduzione che sia ancora troppo lunga e impervia la strada per arrivare alla perfetta conformità all’Articolo 1 della Dichiarazione Universale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”.
Sapendo leggere e conoscendo il significato delle inequivocabili parole italiane, del resto molto elementari, quel “Tutti… liberi e uguali in dignità e diritti” comprende anche quelle persone – persone; non “cose” – alle quali viene negata ogni possibilità di rivendicare il rispetto di norme in corso di validità erga omnes. E, la cosa che desta maggior risentimento è rappresentata dal fatto che ciò avviene per decisione arbitraria in netto contrasto con l’(ab)uso degli stessi termini “dignità” e “diritti” nelle intemerate a getto continuo all’indirizzo di … altri … ritenuti colpevoli di trasgressioni da stigmatizzare per dovere d’ufficio e per il bene comune. A fronte dell’agire personale, indiscusso e indiscutibile a prescindere, che resta – deve restare – incredibilmente cristallino agli occhi degli ignari di “privilegi”, lacci e lacciuoli legali molto controversi, che avvolgono in una bolla impenetrabile intoccabili e insospettabili. Che hanno perso o si rifiutano di prendere coscienza delle proprie azioni tutt’altro che irreprensibili e che, inoltre, si fa di tutto per insabbiare.
Insomma: l’immarcescibile stile “Cicero pro domo sua”.
Questa precisazione, se non lo si fosse capito, è in riferimento al “caso Hasler”.
Si dirà: inutile insistere.
Lascio piena facoltà di crederlo a chi lo voglia. Rivendico per me il diritto – restando nel tema del presente Post – di scrivere, disponendo di un ampio ventaglio di dati oggettivi per la maggior parte non (ancora) rivelati, in primis per il fatto che non abbiamo debiti di riconoscenza verso chicchessia, potendo sostenere ciò a nome di tutta la mia famiglia.
Inoltre, ritengo l’esercizio di scrittura molto utile e persino terapeutico, per quel che mi riguarda, al di là delle finalità pratiche, seppure stracciate.
È rimasto invariato il quadro della “vicenda” a tinte torbide. Reso, oltre ogni immaginazione, eccessivamente insopportabile per l’aggiunta esagerata di orpelli rappresentati da discorsi contradditori e da fatti balzati agli onori delle cronache, puntualmente registrati su queste pagine.
Senza aggiungere altro, rimando alla pubblicazione relativa alla Giornata Mondiale dei Diritti Umani del dicembre 2019, su www.eugeniohasler.info
Maria Michela Petti
10 dicembre 2022