Vincitori e vinti
C’è chi esce tra gli allori e chi è bollato a vita.
Disparità di trattamenti perché c’è chi ha parenti potenti e chi proviene da una famiglia umile e NON influente?
"Custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di menzogna. Sta lontano dal male e fa il bene, cerca e persegui la pace."
C’è chi esce tra gli allori e chi è bollato a vita.
Disparità di trattamenti perché c’è chi ha parenti potenti e chi proviene da una famiglia umile e NON influente?
Ebbene: sì. Risulta sempre più insopportabile un modus operandi che riapre ferite che stentano a rimarginarsi in chi ha subito un trattamento al di fuori di ogni norma legalmente riconosciuta nei Paesi democratici. Uno schiaffo alla sofferenza, a getto continuo, che non ha mai indignato qualcuno, anzi è stato eletto a modello di virtù da un certo punto di vista, influenzato da una campagna mediatica focalizzata sull’apparenza fuorviante e contornata da effetti speciali di una “novità”, esaltata fino a diventare un “mito”.
Umanamente: un aggravante della pena e una tentazione continua per quanti sforzi si facciano per restare saldi nella fede, che suggerisce di ricordare che persino Gesù Cristo fu indotto in tentazione e di permettere che nell’animo risuoni il canto del Magnificat, il canto degli umili e degli oppressi, dei piccoli e degli ultimi, cui – però – è stato promesso che “saranno i primi”. «Davanti a Dio – concorda Simone Weil – non c’è nulla di meglio che essere nulla, come l’aria davanti al sole, cioè trasparenza di luce!»
È dura, molto dura. Si è persona, un essere umano in carne e ossa; e invece: si diventa un nulla per chi disprezza la dignità di una creatura; si diventa trasparenti per chi non vede però la luce che filtra attraverso una creatura annientata da ogni genere di sopraffazioni e prepotenze, una creatura condannata a soffocare anche un grido di dolore. Il teologo, martire luterano, Dietrich Bonhoeffer sfidò Hitler nella piena convinzione che Dio: «Ci salva non dalla sofferenza, ma nella sofferenza; ci protegge non dal dolore, ma nel dolore; ci libera non dalla morte, ma nella morte».
La lezione che traggo da questa pandemia, che ha sconvolto l’esistenza degli abitanti di questo nostro mondo, seminando ovunque morte ed angoscia, è che la forza di un microrganismo – per ora ancora invisibile e sconosciuto – ha declassato la supponenza di chi si è sentito e ancora si sente un quasi dio, onnipotente e invincibile, e tuttora non mostra segni di un effettivo cedimento alla pretesa persino di disporre arbitrariamente della vita delle persone.
Nonostante tutto e tutti, resto convinta che: «Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5,4).
Una breve poesia di Martin Luther King recita:
«Se non puoi essere un pino sul monte sii una canna nella valle,
se non puoi essere albero sii un cespuglio,
ma sii la migliore canna sulla sponda del ruscello,
il migliore piccolo cespuglio nella valle.
Se non puoi essere autostrada sii un sentiero,
se non puoi essere il sole sii una piccola stella
ma sii sempre il meglio di ciò che puoi essere».
Maria Michela Petti