Niente retorica sul “lavoro”!
Il profluvio di “belle parole” sulla questione “lavoro” non si arresta…
eh! sì che è – da sempre – stata al centro della sollecitudine della Chiesa e dei documenti del Magistero. Ma: purtroppo, con leggerezza … in qualche “caso”… trasgrediti.
Hai argomentato fin troppo finemente il “punto dolente” ad ogni ricorrenza annuale nei ricordi amari che oggi riproponi.
Inutilmente? Stando alla realtà dei fatti sembrerebbe proprio di sì.
Ma: se a Dio non serve la tua/nostra insistenza sullo stesso tasto, non altrettanto inutile risulterà (e qualche segnale lo abbiamo già colto!) all’atto di una rilettura disincantata anche della “vicenda”- in cui sei finito stritolato – che non ha trovato, da quel triste giorno e fino al presente, una spiegazione logica “sull’altare della verità”, sostituito dall’ “altare dell’ipocrisia”.
Alludo – per chi non ne fosse a conoscenza – alla motivazione fornita dal pontefice regnante dell’accettazione da parte sua, nel dicembre scorso, della rinuncia presentata dall’ex (ora emerito) arcivescovo di Parigi, mons. Aupetit, vittima di notizie scandalistiche e pretestuose pubblicate da un organo di stampa francese.
A tale cronaca ho dedicato il Post “Dal punto di vista…papale” del 6 dicembre 2021, con la conclusione relativa alla manipolazione emotiva dell’opinione pubblica, che – scrivevo e ribadisco – si trasforma in paravento di malefatte da insabbiare e, nello stesso tempo, strumento per il raggiungimento di obiettivi prefissati: primo fra tutti quello di far perdere “la fama di una persona” e «non per il suo peccato» (virgolettati tratti dalla dichiarazione del papa in quella circostanza).
Con l’entrata nel mese di maggio, mi sovviene il proverbio “una ciliegia tira l’altra”, che mi sembra calzante per il “gioco” compulsivo con le parole, cui troppo frequentemente siamo costretti ad assistere, anche – ed è ciò che duole di più – in contesti ecclesiali.
Ne abbiamo scritte tante – di parole – finora, e non per gioco. Chi ha avuto occhi per leggere ha letto e si sarà fatta una (almeno mezza) idea.
Ritengo opportuna, nell’odierna ricorrenza della Festa dei lavoratori, una citazione dall’Enciclica “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II (14 settembre 1981). «Il lavoro è un bene dell’uomo. Se questo bene comporta il segno di un «bonum arduum», secondo la terminologia di San Tommaso, ciò non toglie che, come tale, esso sia un bene dell’uomo. Ed è non solo un bene «utile» o «da fruire», ma un bene «degno», cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce. Volendo meglio precisare il significato etico del lavoro, si deve avere davanti agli occhi prima di tutto questa verità». (9)
Maria Michela Petti
01 maggio 2022
«Per favore, bisogna tutelare le persone, che da un giorno all’altro non siano lasciate fuori senza lavoro».
Un obbligo civile e morale (conviene ricordarlo) tutelato da norme, prima fra tutte – per quanto riguarda l’Italia – dall’Art. 35 della nostra Costituzione; un diritto riconosciuto a tutti i cittadini nella promozione delle condizioni che lo rendano effettivo e raccordato al dovere dei singoli di concorrere “al progresso materiale o spirituale della società” (Art. 4 della medesima). Purtroppo, esposto alle variabili del mercato del lavoro, in alcuni periodi rese ancor più intricate da contingenze temporali, se non addirittura agli abusi del potere economico e…quant’altro…
Un “bisogno” sollecitato “per favore”, ieri 13 maggio, dal papa con un’aggiunta a braccio – un vezzo che fa presa sul senso comune – al discorso rivolto ai dirigenti e al personale dell’Ente Nazionale per l’aviazione Civile ricevuti in udienza in Vaticano. «Rinnovo a voi e ai vostri colleghi il mio apprezzamento per l’attività che svolgete, ben consapevole di quanto sia delicata e faticosa, soprattutto per le situazioni imprenditoriali delle diverse ditte aeree, quando devono ridurre il personale o fare società con altre ditte», aveva premesso alla sollecitazione in favore di persone da non lasciare “senza lavoro”, “da un giorno all’altro”.
«Il lavoro è una ricchezza – ha ribadito – E per questo, vi esorto a lavorare tra di voi con spirito di solidarietà, sincerità e amicizia, per favorire reciproche relazioni che vi aiutino ad affrontare con fiducia anche i momenti difficili».
Peccato, però, che il papa in persona non si sia fatto scrupolo di lasciare Eugenio Hasler senza lavoro, senza por tempo in mezzo, e senza alcun ripensamento sulla sua decisione arbitraria e sommaria, nonostante i reiterati appelli rivoltigli in forma privata e pubblica da ricorrenti delle più diverse provenienze. Nel corso di cinque anni!
Ah! potrebbe frapporsi l’obiezione che il tempo trascorso non avrà – forse (???) – ieri giovato alla “memoria”…
Dal mio punto di vista, ancora una volta è invalsa la prerogativa dell’esenzione dal rispetto di regole dettate… agli altri… e richiamate nella dimenticanza di vulnus a principi fondamentali di valenza generale e a persone offese nella loro dignità umana e professionale, con danni di varia natura.
Ricorrendo ieri la Memoria liturgica della Madonna di Fatima, non ci è rimasto altro che deporre nel Suo cuore il nostro ferito dall’ennesimo schiaffo alla sofferenza che, col tempo e per una serie di circostanze oggettive, diventa sempre più opprimente, rinnovando alla più tenera fra le madri – “Speculum iustitiae” – l’accorata supplica a non dimenticare, tra l’altro, quel vuoto di memoria, indecente, che è calato sul “caso Hasler”.
https://cronachedi.it/lavoro-il-papa-alle-compagnie-aeree-non-lasciate-il-personale-senza-occupazione/