L’Immacolata. Nobiltà dell’umiltà
La festività dell’Immacolata Concezione, ufficializzata nel 1854 con la Bolla “Ineffabilis Deus” di Pio IX, si celebra da allora l’8 dicembre.
A nove mesi dalla sua Natività (fissata all’ 8 settembre), a pochi giorni dal Natale del Signore e nove mesi dopo l’annuncio della nascita del Salvatore fatto dall’angelo Gabriele a Maria, che – dopo l’iniziale stupore – pronunciò la frase che diede inizio alla storia della nostra redenzione.
«Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». (Lc 1,38)
La “piena di grazia”, preservata dal peccato, perché prescelta per collaborare al piano di salvezza dell’umanità, corrispondendo con totale generosità al disegno divino tracciò, con questa sua risposta, in concreto, le linee-guida nella sequela di Cristo.
Poche parole per puntualizzare il senso e la finalità della Sua disponibilità al servizio di Dio.
Che non è assoggettamento al servilismo o ad ogni altra forma di schiavitù di cui è costellata la vita degli esseri umani, in ogni periodo storico, e per i motivi più disparati. Troppo spesso anche in ambienti ecclesiali, là dove dovrebbe essere ben chiara e praticata la lezione del Nazareno che ebbe a precisare e rincuorarci: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).
Maria, aderendo con un atto di umiltà ed obbedienza alla volontà del Padre sul Suo coinvolgimento nella missione salvifica di Cristo, è diventata il modello da imitare.
L’Immacolata, festeggiata a metà del periodo dell’Avvento – tempo di attesa vigilante, per essere pronti ad accogliere la rivelazione del mistero – nella beatitudine per essersi riconosciuta “serva del Signore”, eleva la virtù dell’umiltà a via maestra per perseguire l’ubbidienza alla fede. (cfr. Rm 16, 26)
Alla Sua scuola dovremmo accedere per imparare, anche, a capire quando e come parlare e quando tacere.
Sì; sono poche – soltanto quattro – le volte in cui la “donna del silenzio” parla. Quando risponde all’annuncio dell’angelo Gabriele, cui segue il momento della lode con il canto del Magnificat: «perché ha guardato l’umiltà della sua serva», rimarcandone la convinzione. Poi, con il tenero, brevissimo, richiamo al Figlio rimasto nel Tempio, che rivela la preoccupazione genitoriale, del tutto normale e comprensibile. E, infine, l’altrettanto breve intercessione – esaudita – per i partecipanti al banchetto delle nozze di Cana. Anche in questo caso: sollecitudine per gli uomini che, poi, Le sarebbero stati affidati come figli, prima dell’ora del buio e del dolore di Madre, vissuta in assoluto silenzio.
Silenzio che – sappiamo bene – è, esso stesso, una forma e parte integrante della comunicazione, purché utilizzato a tempo debito e con le accortezze che il momento e le circostanze esigono.
Va da sé che non si giustifica per vigliaccheria o, peggio, per omertà. O per cedimento alla legge del più forte, in cambio di favori di dubbio valore e interesse. Combinazione non infrequente e di una gravità inaudita: per aver permesso ai (pre)potenti di questo mondo di “comprare” il nostro silenzio, così come “comprano” il rumore e umiliano la capacità intellettiva della massa, specie dei più sprovveduti, con i mezzi di cui dispongono e di cui fanno un uso spregiudicato, opponendo – invece, troppo spesso – un silenzio sprezzante a lecite e rispettose domande.
Secondo un proverbio tedesco, “il silenzio è un recinto attorno alla saggezza”. Poiché un recinto è protezione di uno spazio scoperto, non luogo di chiusura e arroccamento, dovremmo essere abili ad uscire per libera scelta, dopo aver preso le dovute precauzioni, e a non permettere che il nostro spazio sia saccheggiato soprattutto da chi dimostra segni evidenti di tendenza all’egemonia (…un’eufemismo).
Kierkegaard confidò che, nelle ipotetiche vesti di un medico e nell’eventualità gli fosse stato chiesto un consiglio, non avrebbe esitato a suggerire di: creare il silenzio! Di condurre gli uomini al silenzio!
Nessuno, oggi più che mai, sarebbe in grado di “creare” il silenzio veramente salutare per l’uomo contemporaneo.
E: nella babele dei nostri giorni, è impresa ardua percepire il silenzio eloquente di Maria, purtroppo umiliato dal frastuono, nemico delle verità fondamentali della fede.
Maria Michela Petti
08 dicembre 2022