In attesa di un chiarimento onnicomprensivo
Ripensando ancora una volta a “Paese che vai, processo che trovi. Ad eccezione di quello negato nel caso Hasler”, mi chiedo: veramente il mandato papale contempla e legittima l’assolutismo “illimitato” che caratterizza il potere esercitato dal pontefice regnante?
A seguito degli sviluppi controversi legati alla nota vicenda dell’acquisto di un Palazzo a Londra da parte della Segreteria di Stato vaticana, con lo strascico processuale altrettanto non meglio decifrabile, si moltiplicano di giorno in giorno prese di posizione e interpretazioni di difficile intellegibilità, soprattutto per chi non dispone di adeguate conoscenze giuridiche.
E, ancor di più, per una come me che rifiuta, senza lasciarsi condizionare da ogni qualsivoglia logica incomprensibile, l’eclatante contraddizione nei fatti in rapporto ai principi della Legge, ricorrenti nelle predicazioni, prima ancora che con quelli sanciti da leggi civili, difesi a parola da ogni pulpito ecclesiale e laico. Da tempo non sospetto ne sto dando prova con quanto vado scrivendo, fedele innanzitutto al dettato: «sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno». (Mt 5, 37) Peraltro: senza aspettare la sollecitazione, arrivata con l’omelia letta dal papa durante la messa in San Pietro nella Solennità dell’Epifania del Signore (il 6 gennaio scorso), a soddisfare il «bisogno di una fede coraggiosa, che non abbia paura di sfidare le logiche oscure del potere», anche se il suo riferimento era volto alle criticità sociali che hanno scalato la vetta delle priorità di suo interesse e, di conseguenza, risultano prevalenti nei suoi rimproveri.
Non certo per chi dovrebbe ben conoscere e praticare integralmente il Vangelo, mi permetto richiamare l’attenzione su qualche altra prescrizione icastica nei versetti (17-36) della stessa pagina di Matteo precedenti la citazione sopra riportata: «… se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli…chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio… Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello». Oltre che ricordare l’esortazione che ricorre in varie pagine del Testo sacro: «Qui habet aures audiendi, audiat».
La mia domanda iniziale è scaturita dall’analisi dell’ingarbugliata questione, collegata al contenzioso che fa capo al palazzo londinese ed ha finito col coinvolgere l’attività giudiziaria di più Stati, condotta da Andrea Gagliarducci – vaticanista di ACI Stampa e, tra l’altro, opinionista per il gruppo EWTN – che, sul suo blog MondayVatican, ha pubblicato ieri, 10 gennaio 2022, un articolo (al link in coda al presente commento) dal titolo che centra il dubbio non solo suo: “Is Pope Francis at risk in the Vatican London trial?”. Articolo che esamina il principio giuridico “Prima sede a nemine iudicatur” alla luce dell’approfondimento illustrato da Marco Felipe Perfetti, in base alle norme del Diritto Canonico e alle leggi vigenti nello Stato Città del Vaticano, con un occhio alle implicazioni derivanti dai rapporti stipulati con altri Paesi, sottoposti a regolamenti validi a livello internazionale.
Dalla riflessione, ben argomentata e che mi interessa “salvare” a futura memoria, si deduce che la prerogativa del papa non è “illimitata”, « but “limited within limits set by divine law, natural and revealed, and by the needs of the Church which, in the various historical circumstances, determine the way the Petrine ministry acts.”». La nota del canonista Perfetti, ripresa da Gagliarducci, tradotta in italiano con Google suona così: «ma “limitato entro i limiti posti dalla legge divina, naturale e rivelata, e dalle esigenze della Chiesa che, nelle diverse circostanze storiche, determinano l’agire del ministero petrino”».
L’articolo si conclude con l’amara presa d’atto dell’eredità del pontificato corrente tutta da “ricostruire”. Non saranno sufficienti semplici “modifiche”, ritiene Gagliarducci.
Men che meno, aggiungo io, contribuiranno a “sanare” una siffatta situazione dei semplici ritocchi a trucchi e trucchetti con i quali si è tentato di salvare la faccia di protagonisti e comprimari delle varie vicende andate in scena nel corso degli ultimi anni.
Quanto fin qui esposto ha fatto scattare, in automatico, in me quest’altro interrogativo: anche il “caso Hasler” troverà in futuro – finalmente! – la giusta collocazione nell’opera di revisione e di “ricostruzione”… più che della “vicenda” in sé e per sé… della vita terremotata di una persona??? A favore della quale numerose sono state le petizioni, scritte e firmate – tutte rimaste lettera morta – affinché fosse presa in seria considerazione la “condanna” sommaria, non scritta. E, per ciò stesso, avulsa da ogni aggancio giuridico, lasciando inalterato nella sua unicità il verdetto:
«vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare». (Dante, Inferno III, 95-96)
Per di più non è mancata l’accusa di “lesa maestà” per aver osato il ricorso ad un legale che si è limitato a scrivere, senza successo, una lettera in termini più da “fedele” che da avvocato. E, come già lamentato a più riprese, non è mancata nemmeno la gogna mediatica a seguito dello “spiffero” partito dalle segrete Stanze, che ha trovato orecchie attente e amplificatori di “voci” incontrollate e incontrollabili, che si sono estese a dismisura sul Web come i cerchi concentrici determinati dal lancio di un sasso nello stagno.
Da quel dì, è rimasta stagnante invece una vicenda carente dei tratti salienti riconducibili al concetto di “umanità”…
Tutto va ben, Madama la Marchesa!
http://www.mondayvatican.com/vatican/is-pope-francis-at-risk-in-the-vatican-london-trial
Maria Michela Petti
11 gennaio 2022
GRAZIE! per la consueta, sollecita, attenzione e per il rilievo riservato
“Pensiero” del giorno (oggi, 12 gennaio ) inserito “a braccio” dal papa – come rileva “Il Sismografo”, sito paravaticano, al link di seguito – nel testo della catechesi dell’udienza generale incentrata sulla figura di San Giuseppe falegname, che ancora una volta mi fa riflettere con profonda amarezza sulla frequente non conformità fra la teoria, indiscutibilmente ineccepibile, e la pratica…
«Ma penso anche a chi è senza lavoro; (…) a quanti si sentono giustamente feriti nella loro dignità perché non trovano un lavoro. (…)
Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. (…) E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. (Un ricordo di loro con un istante di silenzio ….)».
Stralcio un altro passaggio significativo dal testo dell’allocuzione odierna: «Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale».
Sarebbe cosa buona e giusta un esame approfondito (e… di coscienza) sull’ osservazione, oggettivamente corretta: «Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale». Sempre: per chi “ha orecchie per intendere…”
https://ilsismografo.blogspot.com/2022/01/vaticano-udienza-generale-di-papa_12.html