Il “caso Rupnik” dopo un anno dall’annuncio del riesame. Ed altre questioni controverse
È calato il silenzio sul secondo processo canonico a carico dell’ex gesuita Marko Rupnik, deciso dal papa in deroga alla prescrizione e annunciato con un comunicato della Santa Sede il 27 ottobre 2023.
Notizia da me riferita con il Post del 29 ottobre successivo.
Ad oggi, esattamente un anno dopo quell’annuncio sorprendente, che – al pari di ogni nuova sensazionale – fu salutato con enfasi dai media a senso unico, nulla è dato sapere su eventuali sviluppi del riesame del “caso”.
Incombenza riaffidata all’organo di competenza: ora Dicastero per la Dottrina della Fede che, nel maggio 2020 (allora conosciuto come “Congregazione”), al famoso mosaicista sloveno, che ha sempre goduto di protezioni altolocate, aveva comminato la scomunica annullata però nel giro di pochi giorni, con procedura tuttora avvolta nel mistero.
La decisione a sorpresa – come da comunicato citato – fu adottata a seguito di segnalazioni riguardo “gravi problemi nella gestione del caso di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime” presentate al papa dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, presieduta dal card. Seán Patrick O’Malley, Metropolita emerito di Boston, da tempo impegnato nella lotta agli abusi sessuali nella Chiesa. E che, relativamente alla vicenda in oggetto, proprio per dare un primo segnale – seppure modesto – di partecipazione alla sofferenza delle vittime, alcuni mesi fa, con una lettera ai capi degli uffici vaticani ha esortato ad evitare ogni pubblicazione con riferimento all’arte di Rupnik.
Esortazione disattesa in loco e in Italia, come rilevato da qualche articolo giornalistico, nel mentre si è saputo di iniziative dimostranti la sensibilità nei confronti delle abusate da parte – ad esempio – del vescovo di Lourdes che, favorevole alla loro rimozione, ha deciso che non saranno illuminati durante le processioni i mosaici ivi presenti, in attesa delle conclusioni del processo canonico presso il DDF.
E i Cavalieri di Colombo, dal canto loro, non insensibili alla sofferenza delle vittime, hanno optato per la loro copertura con un tessuto – che potrebbe diventare con gesso, a seguito delle già menzionate conclusioni – nel Santuario di Washington di loro pertinenza e nella Cappella della propria sede centrale a New Haven.
Luis Badilla – già direttore del sito para vaticano “Il Sismografo”, chiuso il 17 dicembre 2023, e sempre attento osservatore delle questioni ecclesiali, con lo sguardo fisso in particolare alle criticità del momento attuale – da alcuni mesi è tornato a far sentire la sua voce attraverso messaggi pertinenti rilanciati dal blog MiL (Messainlatino.it).
Con quello del 14 ottobre scorso ha richiamato l’attenzione su un altro scandalo in tema di abusi sessuali su minori, passato sotto silenzio in Italia, con protagonista un ex membro del clero argentino, Ariel Alberto Príncipi, domandandosi se non si fosse in presenza di una replica del “caso RupniK”. In quanto il soggetto in causa, dapprima espulso dallo stato clericale a seguito di condanne emesse da due tribunali, poi graziato con un irrituale intervento da parte del Sostituto della Segreteria di Stato Vaticana, soltanto su pressione dei vescovi coinvolti nei due processi canonici è stato ridotto in via definitiva allo stato laicale dal DDF, con quella che qualche blogger in Argentina ha definito “marcia indietro” del card. Víctor Manuel Fernández (Tucho), amico fin dal tempo del seminario del Príncipi.
Sempre Badilla, attraverso un articolo pubblicato da MiL pochi giorni fa, il 21 ottobre, ha posto ad interlocutori facilmente identificabili, pur senza nominarli, l’interrogativo – destinato a restare per chissà quanto altro tempo ancora senza risposta – sullo stato effettivo del procedimento annunciato il 27 ottobre 2023 per consentire un secondo processo canonico a carico di Marko Rupnik, espulso dalla Compagnia di Gesù con decreto del giugno 2023 e diventato esecutivo nel luglio successivo in mancanza di appello da parte dell’interessato, prontamente incardinato invece nella sua diocesi di origine a Capodistria, in Slovenia.
«Sullo sbocco [del riesame deciso dal papa] – scrive il già direttore de “Il Sismografo” – circolano svariate indiscrezioni, a volte sospette. L’unica cosa che ora conta è la vigilanza per impedire l’0blio, che sarebbe l’ingiustizia finale per le vittime già colpite da altre ingiustizie, umiliazioni, menzogne e calunnie».
Vittime che, nell’indifferenza generale – insieme alle tante altre colpite da ogni genere di abuso che, stando ad una delle memorabili affermazioni di Bergoglio, «distrugge sempre» – possono aspettare nel limbo delle vite distrutte.
Come non concordare con quanto asserito dal pontefice durante l’intervista andata in onda il 5 settembre 2022 sull’emittente televisiva portoghese TVI-CNN?
«Voglio essere molto chiaro su questo: l’abuso di uomini e donne della Chiesa – abuso di autorità, abuso di potere e abuso sessuale – è un pugno nell’occhio perché l’uomo o la donna della Chiesa – sia esso sacerdote religioso o secolare – è stato chiamare a servire e creare unità, a contribuire alla crescita, e l’abuso distrugge sempre». (La sottolineatura è mia)
Strettamente collegata all’ex gesuita Rupnik è la vicenda – monitorata da “Adista News” – che riguarda la Comunità Loyola, definita “tossica” nell’articolo n°23/24, cofondata nel 1982 con Ivanka Hosta, obbligata a risiedere dal 2023 nella casa di Braga, in Portogallo, perché ritenuta “responsabile di abusi spirituali e di un governo tirannico” al termine di un processo condotto dal Dicastero per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Dicastero che, con decreto del 20 ottobre dello scorso anno, consegnato dal delegato pontificio il 14 dicembre 2023 alla collettività della casa-madre di Lubjana, in Slovenia, aveva sancito lo scioglimento dell’Istituto Comunità Loyola, entro un anno a partire dalla data di emissione della sentenza.
«Nel corso di questo anno – ha informato Adista l’altro ieri (25 ottobre 2024), rendendo noto un comunicato della diocesi di Trieste, dove è presente una delle nove case dell’Istituto – in cui tanti erano ancora i problemi da risolvere, come la vendita delle proprietà e la creazione di un fondo per assistere le ex religiose in questo passaggio, non è accaduto quasi nulla. Tanto che adesso il Dicastero ha concesso una proroga dei termini di un anno», al fine di risolvere “la complessità delle questioni amministrative” e permettere “la giusta definizione di tutte le posizioni tuttora in sospeso”.
Nel dare comunicazione al delegato pontificio, p. Cencini, della proroga concessa -prosegue l’articolo – il Dicastero ha anche precisato che i voti «temporanei e perpetui, emessi nell’Istituto, cessano a partire dal 20 ottobre 2024, data che era prevista per l’esecuzione della soppressione».
«Da ora quindi – rileva ancora Adista – le religiose sono anche formalmente e a tutti gli effetti “ex”, ma senza una strategia di uscita che le tuteli e offra loro qualche garanzia nel configurare il loro futuro. 28 sarebbero quelle che si sono ritrovate senza comunità e dispensate dai voti, mentre nessuno si è preso cura di quelle uscite prima del Decreto di soppressione».
«Non sembra esserci stato alcun monitoraggio sulle restrizioni imposte a Ivanka Hosta – si legge a conclusione dell’articolo – tanto che l’impressione è che la comunità esista ancora, sotto le ali protettrici del vescovo, con Ivanka e le sue 17 ex sorelle che le danno man forte e che, sottolineava il giornale 7Margens, sembrano boicottare Cencini nel suo compito. Eppure, si legge nel comunicato di Trieste, “l’intenzione di riaggregazione, in qualche modo, attorno alla persona della Fondatrice è un contravvenire al Decreto di soppressione”».
A me pare che: “le stelle stanno a guardare” una situazione di calma caotica su più versanti.
Nel mentre all’orizzonte si profila l’evoluzione gattopardesca di tanti processi decantati con sovrabbondanza confusa e confondente di parole, in versione orale e scritta, e dissolti all’occorrenza con silenzi assordanti.
Maria Michela Petti
27 ottobre 2024