Giornata mondiale dei diritti umani
«Dove non c’è rispetto per i diritti umani – dico i diritti inalienabili, inerenti all’uomo in quanto è uomo –, non ci può esser pace, perché ogni violazione della dignità personale favorisce il rancore e lo spirito di vendetta».
(Papa Giovanni Paolo II)
Una data consacrata alla memoria
di mancanze che sono offese
alla natura stessa e all’intelligenza
dei membri della medesima cerchia
che, da un capo all’altro del mondo-paese,
celebrano un rituale convenzionale di appartenenza
a quella stessa classe di abusati
quotidianamente trascurati
nella per lo più generale indifferenza.
Una giornata sola per ricordare
e il pensiero corre altrove,
a casi lontani dall’io
troppo preso da sé per ascoltare
il lamento che non commuove
di un’umanità più vicina strangolata dal laccio
di ogni potere che si fa forte
di convinzioni distorte
da insospettabile ipocrisia.
Intanto…ci si sente in pace:
il copione ogni anno si rispetta
e…tutto tace.
Maria Michela Petti, 2019
«Se la buona fede basta a giustificare la coscienza personale di chi dà il comando, non basta a far tranquilli sulla bontà di esso coloro che ne vengono impegnati per obbedienza».
(Primo Mazzolari)
«Non basta una misericordia qualunque. Il peso delle iniquità sociali e personali è così grave che non basta un gesto di carità ordinaria a perdonarle».
(Papa Giovanni XXIII)
Polvere di suggestioni
Lentamente, ma anche non troppo,
affiora la cruda e pura verità
a lungo repressa dall’iniquità
della polvere di un intoppo,
nello sproposito del potere
di menzogne millantate
come perle coltivate
al riparo di ogni contaminazione,
in realtà senza ritegno propagate
nell’abitudine a mentire,
senza il benché vago cenno
di vergogna nel contraddire
l’altrettanto abituale replica
di principi di indubbio senno
dal fascino patinato
in un’indecenza senza limiti.,
E come per l’attrazione
dello spettacolo di ombre cinesi,
infranto l’incantesimo dei sottesi
giochi con i favori della penombra,
quando – infine – si spegne il fascio
di luci, nel disincanto della normalità,
altro non resta che l’assenza di un trucco
nella presa d’atto dell’inganno di una suggestione.
Maria Michela Petti, 2019
Per rimanere uomini liberi spiritualmente bisogna vivere nella verità. Il vivere nella verità è dare testimonianza fuori di noi, è ammetterla e rivendicarla in ogni situazione.
La verità è immutabile. La verità non si fa distruggere con questa o quell’altra legge, con questa o quella decisione.
In questo consiste, in linea di massima la nostra schiavitù, nel fatto che ci arrendiamo alla menzogna, che non la smascheriamo e non protestiamo contro di lei quotidianamente. Non la correggiamo, tacciamo, oppure fingiamo di crederle. E così viviamo nel l’ipocrisia. La testimonianza coraggiosa dell verità è la strada che conduce direttamente alla libertà. L’uomo che da testimonianza di verità è un uomo libero, anche se in condizioni di costrizione esterna, anche in un campo o in una prigione.lun 19:53″La verità non può essere creata come risultato di votazioni. Un’affermazione o è vera o è falsa.
La verità può solo essere trovata, ma non prodotta…L’unanimità morale, secondo la concezione classica del Concilio, non possiede il carattere di una votazione, ma il carattere di una testimonianza.
Se uno ha chiaro questo punto, non ha più bisogno di dimostrare perché una conferenza episcopale (la quale per di più rappresenta un ambito molto più limitato di un Concilio) non può votare sulla verità…
Conosco vescovi che confessano in privato che avrebbero deciso diversamente da quanto fatto in Conferenza, se avessero dovuto decidere da soli. Accettando la legge del gruppo, hanno evitato la fatica di passare per “guastafeste”, per “attardati”, per “poco aperti”. Sembra molto bello decidere sempre “insieme”. In questo modo, però, rischiano di perdersi lo “scandalo” e la “follia” del vangelo, quel “sale” e quel “lievito” oggi più che mai indispensabili per un cristiano (soprattutto se vescovo, dunque investito di responsabilità precise per i fedeli) davanti alla gravità della crisi”.
Joseph Ratzinger – Rapporto sulla Fede, 1985
Dal Messaggio per la 54.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali:
«In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake), abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano».
NO COMMENT!!!
Oggi: 24 gennaio 2020 – San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti
«NESSUN LAVORATORE SENZA DIRITTI». È questo per il papa – stando a come si è espresso nella lettera ai Movimenti Popolari – uno «slogan così umano e cristiano».
Appunto: uno slogan! Parole sue che si commentano da sole…
«L’unica base per la guarigione a lungo termine è la verità e l’unica base per la giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti».
(card. George Pell- 07.04.2020)
Ho in mano il tuo vecchio libro di poesie “Frammenti di un animo” che mi regalasti con la tua firma. Eravamo negli anni ’70 e forse, ma non sono sicuro, tu collaboravi con l’inserto diocesano di Roma di Avvenire. Comunque in quell’epoca ti conobbi e il pessimismo dei tuoi scritti corrispondeva perfettamente a quello della tua persona. Non c’erano infingimenti nelle tue parole e credo di capire da quel poco che ho potuto vedere su internet che la tua evoluzione sia coerente con i segni del tuo inizio. Scrivi ancora perché “il poeta sempre canta” e nessuno può spegnere la sua voce. Amo la poesia e nella vita ho continuato a scrivere e a leggere le parole dei poeti. Su Face Book pubblico le mie, ma anche le poesie dei poeti che ho incontrato e che, come capita a me, sono ritenuti “minori”. Eri molto pessimista (quasi disperata) e spero che non si più così e che la vita ti abbia regalato Le gioie che aspettavi e che meritavi. Ti ho scritto per il piacere di averti ritrovata e di leggere almeno qualcosa di quello che hai scritto in questi decenni. E’ bello sapere che la poesia non ti ha abbandonata. Ciao Pio Cerocchi
Dio salvi gli umani da ogni abuso e da parole abusate sui diritti violati
75 anni sono trascorsi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sottoscritta a Parigi dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948.
75 anni non sono bastati per la concretizzazione dei principi fondamentali per il progresso della società, sanciti in questa Carta che, pur essendo alla base di vari Trattati migliorativi dei rapporti fra gli Stati, è rimasta una grande “incompiuta”.
Soltanto chi non ha occhi per vedere non riesce ad avere coscienza della violazione dei diritti umani inalienabili – nel rispetto dovuto alla dignità di ogni persona – denunciata da realtà impietosamente sbattute dalle cronache quotidiane in faccia alla società globale.
È stata, forse, questa tristissima realtà a frenare la consueta litania di dichiarazioni da parte di personaggi di spicco delle istituzioni internazionali in occasione della ultima Giornata Mondiale dei Diritti Umani, il 10 dicembre scorso. Data che dal 1950 è dedicata alla celebrazione dell’impegno assunto due anni prima, a livello sovranazionale. Al fine di mantenerlo vivo nella coscienza collettiva a salvaguardia e per l’applicazione nella loro completezza di tutte le disposizioni sancite a tutela di tutte e di ogni persona, molte – purtroppo – in grave sofferenza a causa della loro violazione, in varie parti del nostro pianeta, sia a danno di singoli soggetti che di intere comunità.
Dedicandomi con pazienza certosina alla lettura quotidiana di rassegne-stampa meticolose, se da una parte – sulla Giornata ormai superata dall’inesorabilità del tempo – ho apprezzato la mancata replica a più voci di parole di per sé non risolutive di questioni siffatte rimaste in sospeso, dall’altra non ho voluto negarmi la speranza che sottotraccia si intensifichino gli sforzi per raggiungere l’obiettivo prefissato, puntando sulla buona volontà di tutti gli attori in campo.
Per dovere di cronaca, gli operatori dell’informazione non hanno mancato di dare risalto alla seguente dichiarazione sul tema della Giornata, con la quale il papa ha introdotto il dopo Angelus di domenica scorsa, 10 dicembre.
«Cari fratelli e sorelle!
75 anni fa, il 10 dicembre 1948, veniva firmata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Essa è come una via maestra, sulla quale molti passi avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano, e a volte purtroppo si torna indietro. L’impegno per i diritti umani non è mai finito! A questo proposito, sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non conta».
Inutile sottolineare la constatazione di cui da tempo abbiamo preso atto… a nostre spese e che, a risentirla in quei termini…generici, mi ha causato il malessere attribuito significativamente al rigirare il coltello nella piaga insanabile.
Un plauso innegabile a chi opera “senza proclami”, da parte mia sopra anticipato.
Ma, ha aumentato le mie perplessità la reiterata proclamazione (che, nel vocabolario Treccani online, annovera fra i sinonimi il “proclama” …) di una “vicinanza” … buona per tutte e in tutte le circostanze…
Quanti, fra i difensori “generici” che “lottano e pagano di persona” per la difesa dei “diritti di chi non conta”, riescono ad avvertire il calore e l’effetto concreto di una “vicinanza” di rito verbale e “generica”?
Ad una delle altre mie considerazioni, facilmente deducibili dalle premesse ormai note a chi ha avuto la bontà di leggere qualcosa di quanto fin qui scritto, ho trovato risposta eloquente in un passaggio della dichiarazione rilasciata, sempre in occasione della Giornata celebrata domenica scorsa, dal presidente Mattarella che, peraltro, gode Oltretevere di profonda stima, stando a quel che leggo di frequente.
Facendo memoria dell’approvazione, 75 anni fa, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il presidente ha innanzitutto sottolineato che: «Oggi come allora l’importanza di quel documento consiste nell’anteporre all’esercizio del potere l’inalienabile dignità inerente alla persona. Ciò ha consentito di costruire un’architettura internazionale improntata al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di ogni essere umano».
Per arrivare poi a concludere che: «Senza diritti umani – universali e interdipendenti – non esistono né libertà né giustizia, né pace duratura né sviluppo sostenibile». Quei principi – ha avvertito il Presidente – «rappresentano per tutti un obbligo morale e un presidio di civiltà».
L’affermazione iniziale dovrebbe far fischiare le orecchie… comunque sorde alle denunce di violazioni dei diritti umani, avanzate un giorno sì e l’altro pure, da alcuni anni a questa parte, a mezzo stampa di mezzo mondo, per vicende per nulla edificanti balzate agli onori della cronaca.
Per non dire anche dell’amnesia che ha portato alla dimenticanza dell’ammonimento esplicitato con la parabola della trave e della pagliuzza…