Flash sul lavoro
“La porta della dignità di un uomo è il lavoro”.
Sintesi perfetta di una verità sacrosanta e… allo stesso tempo, il negativo fotografico della sua negazione nel “caso Hasler”.
Concetto ribadito nella mattinata di oggi (8 ottobre 2022) dal papa nel discorso ai partecipanti all’Assemblea della Fondazione “Centesimus Annus Pro Pontifice”, ricevuti in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Momento conclusivo della Conferenza Internazionale, durata due giorni, sul tema “Crescita inclusiva per sradicare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile per la pace”, promossa dalla Fondazione che trae il nome dall’Enciclica promulgata nel 1991 da San Giovanni Paolo II nel centenario della “Rerum Novarum” di Leone XIII, pietra miliare nella dottrina sociale della Chiesa.
Riflettendo sullo sviluppo in “senso etico” della realtà economica, che impegna gli aderenti alla Fondazione, Bergoglio ha replicato un ammonimento, con parole dello stesso tenore già sentite dalla sua voce: «Guardare un altro dall’alto in basso, è lecito farlo soltanto in una situazione: per aiutarlo a sollevarsi. Non di più. Questo è l’unico momento lecito per guardare dall’alto in basso».
Aiutare l’altro a risollevarsi dall’indigenza. È il tasto su cui batte ossessivamente.
È, questo, uno dei capisaldi del cristianesimo. Vale per ogni genere di bisogno: materiale e morale; nella stretta delle vecchie come delle nuove povertà. Povertà che impongono la conversione a quella nuova “fantasia della carità” invocata dal Papa polacco nella Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte” (50), indirizzata a tutto il popolo di Dio, a conclusione del Grande Giubileo del 2000.
Il papa regnante esorta di frequente – e non potrebbe fare diversamente – a guardare con umiltà ogni fratello e ogni sorella “da rispettare nella sua dignità”.
Rispetto della dignità e dei diritti della persona. Di ogni persona.
Oh, quante belle parole!
Se non fosse che… le parole non bastano a modificare la realtà. Tanto più se la realtà tradisce azioni e comportamento incoerenti e incongruenti.
Carità è – anche e prima di tutto – solidarietà, condivisione. Vicinanza reale, praticata e non solo predicata. Una “cacciata” – nel mentre si tuona ad ogni piè sospinto contro la “cultura dello scarto” – non può in alcun modo rappresentare l’eccezione che conferma la “carità” con cui ci si prodiga a parole.
«Non guardare mai nessuno dall’alto in basso è lo stile di ogni operatore di pace. È lecito farlo solo per aiutare a sollevarsi».
È stata la raccomandazione a conclusione del discorso rivolto oggi ai convegnisti della “Centesimus Annus Pro Pontifice”.
Maria Michela Petti
08 ottobre 2022
Postilla
Per amor del vero e per restituire il merito della “lezioncina” sulla liceità del “guardare un altro dall’alto in basso” a chi l’ha formulata a seguito, però, di dichiarata esperienza vissuta e maturata a stretto contatto con “gli uomini” – diventati, per ciò, maestri di vita – mi preme riportare il contenuto di una pagina Fb che, per puro caso, mi ha segnalato un aforisma attribuito a Gabriel García Márquez.
Passa, infatti, per stralciato da quella che erroneamente è conosciuta come “Lettera di addio agli amici”, scritta al momento del temporaneo ritiro dall’attività pubblica dello scrittore premio Nobel per la letteratura 1982. Il quale ne negò la paternità, quando nel 2000 fu pubblicata “La Marioneta” del comico e ventriloquo messicano Johnny Welch, che fra le riflessioni – comunque profonde e a tratti struggenti – include l’aforisma in oggetto.
«Ho imparato che un uomo ha diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi».
“Ho imparato così tanto da voi, Uomini…» si legge ancora nel testo.
Mi ha colpito la ripetizione: “ho imparato”. Che io interpreto come lezione interiorizzata prima di essere esternata, a fin di bene. In un rapporto di reciprocità fra simili.
Se non fosse stato per la mia indole aliena dal salire in cattedra e per di più abituata da severi insegnamenti al controllo di ogni minimo dettaglio – che, ad essere sincera, non mi ha risparmiato qualche problemino, fin dagli anni di scuola, quando davo l’impressione di essere insicura, come minimo – sarei caduta in errore nel tentativo di fornire una precisazione con la citazione non ascritta al proprio autore.
In parallelo, la cosa mi ha fatto balenare in mente l’imbarazzante rimprovero dell’insegnante (“non è farina del tuo sacco”) rivolto ai furbetti, che rischiano di copiare anche gli strafalcioni del compito di qualche compagno.
Situazione in cui non mi sono mai trovata, grazie al rovescio di quella medaglia di cui ho presentato il lato più impegnativo. Anche dal punto di vista del tempo impiegato per effettuare scrupolose ricerche e verifiche, prima di qualsiasi scrittura. Esercizio che ho sempre considerato un’opportunità per arricchire le mie conoscenze.
Aggiungo al Post la presente Nota:
per dovere di verità… che prima o poi arriva in un modo o nell’altro a mettere al proprio posto ogni tassello…sfasciato. E: nonostante tutto e tutti, io non rinuncio a crederci…;
per rispetto del diritto d’autore (ah! quanta e quale superficialità nella trattazione… prevalentemente teorica… dei “diritti” riconosciuti a tutti e a ciascun soggetto) e del copyright;
e, ultimo ma non meno importante, anzi – forse, addirittura – soprattutto: per una questione di stile e di credibilità.