Decine di Lettere in Favore di Eugenio Hasler al Papa. Perché non Risponde?
Gentile Signore Tosatti,
sono perfettamente consapevole che soprattutto in questo periodo ci sono notizie ben più importanti a livello globale cui dedicarvi e che la situazione mondiale sta vivendo sconvolgimenti epocali con l’invasione russa in Ucraina.
Tuttavia vorrei permettermi di sensibilizzarvi su fatto che ritengo abbastanza grave e cui non è stata data grande visibilità per motivi che potrete facilmente immaginare. Si tratta del caso del Sig. Eugenio Hasler che ha prestato servizio nello Stato della Città del Vaticano per quasi 12 anni e che vi è nato e cresciuto in quanto figlio di un Ufficiale delle Guardie Svizzere oggi a riposo ma che continua un fedele servizio volontario sempre nell’ambito del Corpo militare più piccolo del mondo.
Nel 2017 è stato licenziato in tronco senza grandi spiegazioni ne formalizzazioni direttamente dal Papa Francesco. Lui ricopriva un posto da impiegato all’interno del Governatorato vaticano e da un giorno all’altro senza alcun preavviso è stato appunto licenziato a voce. Non esistono sindacati, non esiste alcuna possibilità di appellarsi ‘contro’ una decisione di un Papa…
Il contributo incontrovertibile al detto popolare “Predicare bene e razzolare male” – citato dalla dott.ssa Cano nella Lettera pubblicata, su SC dal dott. Tosatti, sabato scorso 9 aprile, nell’intento dichiarato di “sensibilizzare” l‘opinione pubblica al “caso Hasler”, strombazzato oltre tutto da organi di stampa nella versione funzionale ad una certa narrazione – lo si trova nei Testi Sacri, a leggerLi però con onestà morale e (condizione vincolante) con predisposizione a trarne regole di vita.
«Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno… Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente… E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste, E non fatevi chiamare “guide, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo… chi si esalterà, sarà umiliato…». (Da: Matteo 23,1-12)
E: da Isaia (cfr1,16-20) viene l’invito perentorio: «…allontanate davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso…” Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada”; poiché la bocca del Signore ha parlato».
Se mai si nutrissero dubbi sulle contraddizioni lamentate dalla dott.ssa Cano (e rilevate in interventi a varie firme, su queste ed altre pagine), mi preme “salvare” memoria opportuna dell’ultimo (in ordine di tempo) enunciato, su temi per noi dolenti, formulato dal papa in occasione dell’udienza concessa ai membri del CSM venerdì scorso, 8 aprile. Anche a motivo della coincidenza veramente singolare: nel giorno del compleanno di Eugenio.
Dopo aver esordito richiamandosi al capitolo 18 di Luca, e ricordato il bisogno di giustizia reclamato dal popolo, proprio come la povera vedova del Vangelo che “si recava ogni giorno dal giudice della sua città e lo pregava dicendo: «Fammi giustizia» (v. 3)”, il papa ha puntualizzato «Ascoltare ancora oggi il grido di chi non ha voce e subisce un’ingiustizia vi aiuta a trasformare il potere ricevuto dall’Ordinamento in servizio a favore della dignità della persona umana e del bene comune» e, ancora: «la giustizia ha bisogno di verità, di fiducia, di lealtà e di purezza di intenti».
«Nella tradizione la giustizia si definisce come la volontà di rendere a ciascuno secondo ciò che gli è dovuto… Per la tradizione biblica il dovuto è riconoscere la dignità umana come sacra e inviolabile…
…La domanda sul per chi amministrare la giustizia – ha proseguito Bergoglio – illumina sempre una relazione con quel “tu”, quel “volto”, a cui si deve una risposta: la persona del reo da riabilitare, la vittima con il suo dolore da accompagnare, chi contende su diritti e obblighi, l’operatore della giustizia da responsabilizzare e, in genere, ogni cittadino da educare e sensibilizzare. Per questo, la cultura della giustizia riparativa è l’unico e vero antidoto alla vendetta e all’oblio…
…Così – ha precisato ancora – la domanda storica sul “come” si amministra la giustizia passa sempre dalle riforme. Il Vangelo di Giovanni, al cap. 15, ci insegna a potare i rami secchi senza però amputare l’albero della giustizia, per contrastare così le lotte di potere, i clientelismi, le varie forme di corruzione, la negligenza e le ingiuste posizioni di rendita. Questa problematica, queste situazioni brutte voi le conoscete bene, e tante volte dovete lottare fortemente perché non crescano…
…La tradizione filosofica ha indicato la giustizia come virtù cardinale per eccellenza, alla cui realizzazione concorrono – ha ricordato il papa – la prudenza, quando i principi generali si devono applicare alle situazioni concrete, insieme alla fortezza e alla temperanza, che ne perfezionano il conseguimento. Dal racconto biblico non emerge un’idea astratta di giustizia, ma un’esperienza concreta di uomo “giusto”».
E, prima di concludere con la seguente raccomandazione: «La giustizia deve sempre accompagnare la ricerca della pace, la quale presuppone verità e libertà. Non si spenga in voi, illustri Signore e Signori, il senso di giustizia nutrito dalla solidarietà nei confronti di coloro che sono le vittime dell’ingiustizia, e nutrito dal desiderio di vedere realizzarsi un regno di giustizia e di pace», aveva menzionato la testimonianza di vita da magistrato del Beato Rosario Livatino e le sue categoriche parole: «Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».
Il concetto della “cultura della giustizia riparativa”, ritenuta (e a ragione) da Bergoglio «unico e vero antidoto alla vendetta e all’oblio», mi ha riportato alla mente l’avvertimento di San Giovanni Paolo II, rivolto ai membri del Collegio cardinalizio, della Famiglia pontificia e della Curia romana, in occasione dello scambio di auguri natalizio, il 22 dicembre 1978, a pochi mesi dalla sua elezione al Soglio di Pietro.
Ponendo l’accento sulla necessità non eludibile «di consolidare le basi spirituali della pace», Papa Wojtyla ebbe a precisare: «Dove non c’è giustizia – chi non lo sa? – non ci può esser pace, perché l’ingiustizia è già un disordine e sempre vera resta la parola del Profeta: “Opus iustitiae pax (Is 32,17). Parimenti, dove non c’è rispetto per i diritti umani – dico i diritti inalienabili, inerenti all’uomo in quanto è uomo –, non ci può esser pace, perché ogni violazione della dignità personale favorisce il rancore e lo spirito di vendetta. E ancora, dove non c’è formazione morale che favorisca il bene, non ci può esser pace, perché bisogna sempre vigilare e contenere le tendenze deteriori che si annidano nel cuore».
Mi conforta la seguente, autorevole e indimenticabile, affermazione del Papa polacco – che fa piazza pulita della retorica di qualsiasi altro suggerimento impartito ad abundantiam in gratuite “lezioncine”, con parvenza di fondamentali psicologici – che riscrivo: «ogni violazione della dignità personale favorisce il rancore e lo spirito di vendetta». Affermazione, ponderata e grave, che dovrebbe far riflettere… e pure tanto! Così come non dovrebbe essere contraddetta dai fatti la “teoria” diffusamente illustrata … a chiacchiere… dei buoni propositi, in particolare in tema di coerenza e credibilità…
«Dai loro frutti [dei falsi profeti] li riconoscerete». (Mt 7,16)
Ne abbiamo ben donde di sostenere di averli “riconosciuti”.
Si segnala il video al seguente link, riservandoci di dedicare ad esso maggiore attenzione nei prossimi giorni.
Per oggi i nostri pensieri e le nostre speranze sono riposti esclusivamente, e più che mai, in Cristo Risorto ed auguriamo alle persone a noi care di trascorrere la Pasqua in serenità e condivisione delle “grazie” elargite dall’ Agnello immolato per la salvezza dell’umanità.
https://www.youtube.com/watch?v=1bk6EeBSlGw