Cappuccetto rosso nei discorsi del Papa

19 June 2022 0 By EH(?)

Alla favola di Cappuccetto rosso si è ispirato il papa in due diverse circostanze, venute alla ribalta nel giro di pochissimi giorni, per affrontare alla sua maniera tematiche di stringente attualità.

Ricevendo ieri, 18 giugno, i partecipanti al Capitolo della Famiglia dei Paolini – impegnati nel settore della comunicazione e dell’editoria, sull’esempio di don Alberione – ha preferito consegnare al loro Superiore il testo scritto per l’occasione e parlare a braccio. Opzione privilegiata di frequente. Ed ha sostenuto la “bontà” di questa sua scelta con parole inequivocabili: «mi sembra che comunicarsi così, fraternamente, con il calore dell’incontro, è meglio che la freddezza di un discorso».

Dopo aver precisato che «comunicare è più che una professione: è una vocazione» e puntato il dito contro la dis-informazione che «è all’ordine del giorno», ha insistito sull’urgenza di «redimerla dallo stato in cui è oggi», ripulendola da calunnie, diffamazioni e ogni sorta di sporcizia, che ne fanno un pasto indigesto, anche se gradito da una larga fetta dell’opinione pubblica, per riportarla con onestà sul binario della completezza, in fedeltà allo spirito evangelico della chiarezza e della semplicità.
Sul finire del discorso, ha tirato in ballo proprio la favola in oggetto per arrivare alla conclusione che, nei passaggi consecutivi della notizia comunicata da un informatore all’altro, si corre il rischio – difficile da scongiurare – di alterare la realtà dei fatti e ritrovarsi alla fine del passaparola «come Cappuccetto rosso, che incomincia con il lupo che vuole mangiare Cappuccetto rosso e finisce con Cappuccetto rosso e la nonna che mangiano il lupo. No, non va la cosa!».

Non posso, ovviamente, non concordare su tutto; tranne che sull’ultima affermazione. Lungi da me il voler negare a qualcuno, e ancor meno al papa, la libera manifestazione del pensiero, comprensiva dell’interpretazione personale di scritti altrui. Tuttavia mi è suonato inadeguato l’aver attribuito a soggetti deboli e indifesi – per come sono stati presentati dai fratelli Grimm, e ancor di più nella precedente versione di Charles Perrault, che non prevede il lieto fine – la vittoria sul lupo, ottenuta invece grazie all’intervento decisivo di un cacciatore, scomparso dalla scena del “crimine” nel racconto che ne ha fatto il papa.

E, poiché la citazione è stata inserita nell’analisi delle conseguenze dovute alla mala informazione e alla misinformazione, sarei ben felice di essere smentita dalla ricostruzione con esito positivo per almeno una delle vicende che hanno riguardato – e riguardano con impressionante reiterazione – vittime di siffatte conseguenze. Ancor di più se tale risultato fosse conseguito con l’impiego delle loro sole forze fisiche, che in verità sono le prime ad essere divorate da “lupi” sotto mentite spoglie. Realisticamente, allo stato dell’arte, nulla – per quel che concerne casi del genere – lascia ben sperare nell’entrata in azione di un qualche “cacciatore” che liberi un malcapitato dalle fauci di operatori massmediatici senza scrupoli e dei leoni di tastiera, in azione sui social h24.

Che Bergoglio abbia voluto offrire una “sua” personale rilettura della fiaba riguardante Cappuccetto rosso e sua nonna, per come la vedo, è e resta una suggestione, legittima ma non rispondente all’originale, che inserisce nella storia la presenza attiva di un personaggio di tutto rispetto – il cacciatore, appunto -raccontandone un gesto esemplare che accende un faro su valori, purtroppo caduti in disuso nella società odierna, quali: la solidarietà, il gratuito aiuto offerto a bisognosi in balia di ogni genere di soprusi e abusi, il coraggio di sfidare i più forti – i sopraffattori – pur di difendere la causa dei deboli, e via dicendo.

Il resoconto puntuale del discorso, rivolto ieri dal papa ai Paolini, è stato pubblicato sul sito paravaticano “Il Sismografo”, introdotto dalla seguente annotazione che si conclude con una domanda…retorica.
«Da quando è stato eletto Papa, Jorge Mario Bergoglio bacchetta duramente la stampa, l’informazione, i giornali, la Tv, i social media … Spesso usa termini aggressivi e insoliti per un Pontefice. Ma poi, ne parla bene, molto bene. Ringrazia i giornali, ringrazia i giornalisti, dice che sono eroi. Insomma: il classico “dare un colpo al cerchio e uno alla botte”, forse per accontentare tutti?».
Il che la dice molto lunga, tra l’altro, anche in riferimento all’arcinoto rapporto privilegiato stretto con giornalisti e scrittori, senza alcuna esclusione, e gestito in prima persona, scavalcando persino gli organi preposti alla comunicazione ufficiale della Santa Sede.

In un’altra occasione – di cui si è avuta notizia dalle colonne de “La Stampa” – la bambina della favola citata è stata tirata in ballo dal pontefice. È accaduto nel corso di una lunga intervista, pubblicata il 14 giugno scorso dal quotidiano torinese, e rilasciata a dieci direttori delle riviste culturali europee della Compagnia di Gesù, incontrati un mese fa.
In risposta ad una precisa domanda sul modo più corretto di comunicare sul conflitto in atto nel cuore dell’Europa e per contribuire a favorire un processo di pace, Bergoglio ha ritenuto opportuno lanciare il seguente avvertimento: «Dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro».

Mi fermo a questa sua affermazione, senza avventurarmi in un commento – che sarebbe complicatissimo come la realtà che stiamo vivendo – della metafora da cui è partito per sviluppare un tema molto sensibile considerata la gravità della situazione in atto e che ha suscitato non poche reazioni contrastanti. Anche perché mi sono proposta di evidenziare soltanto il ricorso alla favola che ha per protagonista una bambina riconosciuta da quel cappuccetto – da cui non si distacca – il cui colore: il rosso, rimanda ad un altro dato di immediata attualità, cioè alla porpora che sarà conferita nel concistoro del 27 agosto prossimo a venti dei ventuno “prescelti” ed elencati al termine del Regina Coeli del 29 maggio scorso. Come è noto, infatti, il vescovo emerito di Gand, Luc Van Looy, incluso nella lista iniziale ha preferito rinunciare alla “beretta” per le critiche che gli sono piovute addosso in passato circa la gestione di casi di abusi sessuali.

«Ogni favola ha la sua morale» recita un proverbio. La saggezza dei modi di dire mi suggerisce di riflettere su ogni singola parola con cui sono formulati. Nella fattispecie: sull’aggettivo possessivo “sua”, che esclude la ricerca di una morale arbitraria.

Maria Michela Petti
19 giugno 2022