Ai piedi della Madonna di Fatima sulle orme di Giovanni Paolo II
Per cercare rifugio dal male che «lo spirito delle tenebre è capace di ridestare nel cuore dell’uomo e nella sua storia e che, di fatto, ha ridestato nei nostri tempi».
Per impetrare aiuto e protezione nel cammino, ai nostri giorni diventato ancor più impervio verso la dimora “del Dio con noi”, Che “fa nuove tutte le cose” e diventare noi stessi uomini nuovi, lasciandoci alle spalle “le cose di prima” (cfr. Ap 21, 4-5).
Cose che, purtroppo, nella realtà, non sono passate. Anzi: sembrano voler condannarci a vivere in un passato di minaccia al bene, che si impone come eterno presente, «e che nei suoi effetti incommensurabili già grava sulla nostra contemporaneità e sembra chiudere le vie verso il futuro!».
Questo lo scenario preoccupante, delineato nel corso dell’Omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica presieduta presso il Santuario mariano di Fatima, esattamente quarant’anni fa, il 13 maggio 1982, e che ispirò l’accorato Atto di affidamento alla Madonna di Papa Giovanni Paolo II. Pellegrino in quel «luogo che la Madre di Dio sembra avere così particolarmente scelto» per «ringraziare la Divina Provvidenza, ancora una volta» con le parole del profeta: “Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti” (Lam 3,22), nello stesso giorno in cui un anno prima era miracolosamente sopravvissuto ad un tentativo di omicidio in Piazza San Pietro per mano di Ali Ağca.
Come allora, se non addirittura più allarmante, la gravità del momento che ci troviamo a vivere, sotto tutti i punti di vista, dimostra il perdurare «intorno a noi e dentro di noi» del cielo di prima e della terra di prima. «Non possiamo ignorarlo», rilevava quel giorno di tanti anni fa il Papa polacco. Ma torna a conforto della nostra speranza il suo fiducioso abbandono – con l’esortazione costante a fare altrettanto – fra le braccia di Maria. Della Madre cui fummo affidati dal Cristo morente, che pur nella presa d’atto delle difficoltà innegabili permise a Papa Wojtyła (quel dì di maggio del 1982) di pronunciare parole rassicuranti e incoraggianti. «Questo ci consente però di riconoscere quale immensa grazia è stata concessa all’uomo quando, in mezzo a questo peregrinare, sull’orizzonte della fede dei nostri tempi si è acceso questo “Segno grandioso: una Donna” (Ap 12,1)!».
Messaggio rappresentato emblematicamente nel suo stemma papale, con la grande M effigiata sotto il braccio di una croce, con la sua parte verticale spostata in forma inusuale proprio per l’inserimento del richiamo alla presenza compartecipe di Maria ai piedi del Figlio crocifisso, nel momento eminente della missione redentrice. E, da prima, espresso nella sua essenzialità nel motto cardinalizio: “Totus tuus”.
Nelle invocazioni rivolte, quarant’anni fa, alla Madonna di Fatima con la Preghiera di affidamento e consacrazione alla Vergine (al link di seguito) riecheggia la supplica per la liberazione dagli stessi mali dei giorni nostri che insidiano la convivenza fra i popoli e la sopravvivenza dell’umanità nella sua globalità: dalla fame alla guerra, e al rischio di una guerra nucleare; dalle insidie alla vita dell’uomo in ogni sua fase alle tentazioni irrefrenabili di trasgredire i comandamenti di Dio.
«Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci!». Implorò fra l’altro il Papa ora Santo. Che, certamente, d’Alto non può restare insensibile al grido di dolore di noi viventi in questa congiuntura negativa e intercedere per la nostra rinascita a vita nuova.
Maria Michela Petti
13 maggio 2022
https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/prayers/documents/hf_jp-ii_19820513_fatima.html